Lavori precari, difficoltà economiche e differenze di genere: ecco perché si fanno meno figli
Il convegno trentino sull’«inverno demografico», drammatici i dati sulle dimissioni delle mamme dal lavoro: una su due lo fa perché non ci sono le condizioni per conciliare impiego e genitorialità
TRENTO. Si chiama “inverno demografico” e – se continuasse così – porterebbe alla fine della nostra società così come la conosciamo. Nel nostro Paese, compresa la Provincia di Trento, l’inverno demografico non sembra dare segni di attenuazione: il 2022 fa segnare il punto di minimo nella curva dei nuovi nati che per la prima volta si attesta sotto soglia quattrocentomila. Quali i riflessi futuri sulla società e sul mercato del lavoro? Come invertire la tendenza della natalità e avvicinare i giovani alle responsabilità di una nuova famiglia? Come favorire la permanenza delle donne nel mondo del lavoro quando arrivano i figli? Queste le domande a cui hanno tentato di dare una risposta i relatori dell’evento “Natalità, famiglie e lavoro tra presente e futuro”. Si tratta del Panel inserito all’interno della seconda giornata del Festival della Famiglia 2023, organizzato dall’Agenzia per la Coesione sociale e dall’Agenzia del Lavoro della Provincia.
Un fenomeno articolato, le cui leve d’azione sono l’innovazione dei modelli sociali, culturali e del lavoro: strumenti di innovazione organizzativa nelle aziende, ma anche sostegno economico alle giovani famiglie con figli, sviluppo e rafforzamento dei servizi socioeducativi e assistenziali, nuovi approcci al lavoro.
L’incontro è stato aperto dai saluti della dott.ssa Laura Pedron, Dirigente generale del Dipartimento sviluppo economico, ricerca e lavoro e della dott.ssa Stefania Terlizzi, Dirigente generale di Agenzia del Lavoro, le quali hanno offerto una panoramica sull'andamento demografico in Trentino: un quadro caratterizzato da una popolazione che sta progressivamente invecchiando, con una contestuale riduzione del tasso natalità e come questa tendenza incida a più livelli sul lavoro.
Denatalità e carichi familiari
L’incontro è proseguito con l’intervento di Alessandra Minello, Ricercatrice del Dipartimento di Scienze Statistiche dell’Università di Padova e co-autrice del libro “Le equilibriste - La maternità in Italia - 2023” ha portato all'attenzione del pubblico il fatto che il 2022 ha segnato il punto di minimo delle nascite in Italia con 392.598 nuovi nati (-1,9%); numeri che fanno parlare di “fecondità più bassa tra le basse”.
L’età media al primo parto è superiore ormai ai 32 anni, e siamo tra i paesi europei con la più alta percentuale di primi nati da madri quarantenni. Questa condizione di bassa fecondità non è attribuibile a un’unica causa, ma è la somma di diversi fattori. Tra questi, gioca un ruolo di rilievo l’incertezza economica che caratterizza il mercato del lavoro nazionale e lunga parte della vita lavorativa delle generazioni più giovani. La contrazione della natalità per il nostro Paese è un fenomeno in atto da qualche tempo e ormai sta interessando anche la componente straniera della popolazione. Le donne hanno meno figli o non ne hanno affatto: i primi figli nati nel 2021 sono il 34,5% in meno di quelli che nascevano nel 2008, con una riduzione anche del numero di figli nati da entrambi i genitori stranieri. Il 12,1% delle famiglie con minori nel nostro Paese (762 mila famiglie) sono in condizione di povertà assoluta, e una coppia con figli su 4 è a rischio povertà. L’incertezza dello scenario economico e la fragilità occupazionale di molte famiglie si riflette su una propensione sempre più timida verso la genitorialità.
Lavoro precario e differenze di genere riducono la natalità
Daniela Piazzalunga, ricercatrice presso il Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Trento, si è soffermata in particolare sull’analisi dei dati che riguardano il mercato del lavoro di giovani e donne, sottolineando che il lavoro precario e le differenze di genere riducono la natalità. E alcune evidenze statistiche confermano il perdurante gap di genere sul lato occupazionale e lo spazio di ulteriore di miglioramento anche per la nostra Provincia, nonostante il buon posizionamento rispetto al dato italiano (rispettivamente 13 punti nel tasso di occupazione femminile 25/54 anni contro i 20 punti del dato italiano). Permane tuttavia una netta tendenza di molte donne a lasciare l’occupazione in presenza di figli anche se si conferma il ruolo determinante del titolo di studio per mantenere le donne nel mondo del lavoro anche quando diventano madri. La maggiore precarietà lavorativa e i salari più bassi delle donne rispetto a quelli dei maschi orientano le scelte di partecipazione al mercato del lavoro in presenza di figli a favore di chi ha il salario più alto, che di solito è il maschio. Evidenze empiriche dimostrano inoltre che l’instabilità lavorativa riduce la probabilità di avere figli, rendendo importante intervenire sui meccanismi regolatori del mercato del lavoro.
Dimissioni per maternità in Trentino
Ha continuato i lavori la dott.ssa Isabella Speziali, Direttrice dell’Ufficio dati e funzioni di sistema delle politiche del mercato del lavoro di Agenzia del Lavoro della Provincia Autonoma di Trento, la quale ha portato all’attenzione alcuni elementi qualitativi del fenomeno delle dimissioni per maternità in Trentino. Un primo tema emerso è relativo ai motivi delle dimissioni le quali, nel 55% dei casi, sono riconducibili a difficoltà di conciliazione vita-lavoro. Sono rilevati come particolarmente critici gli orari di lavoro che, da soli, giustificano il 34% delle dimissioni e la carenza/costo dei servizi di cura e degli aiuti familiari che incidono per il 9,2%. Un secondo focus guarda al tema lavoro: chi lascia il lavoro solo in parte si riaffaccia al mercato del lavoro in una fase successiva. Chi rientra trova un lavoro diverso in cui un orario più breve sembra dover essere scambiato con una minore stabilità contrattuale.
Genitorialità: tre questioni giuridiche
Laura Calafà, professoressa ordinaria del Dipartimento di Scienze giuridiche, Università di Verona ha sottoposto all'attenzione dei presenti una riflessione su tre diverse questioni giuridiche relative al tema della genitorialità.
La prima riguarda la perdurante tendenza all'aumento delle dimissioni delle lavoratrici madri. A questo proposito, viene presentata la buona pratica messa in atto dalla città metropolitana di Bologna: si tratta di una proposta di legge che comprende una modifica dell’art. 55 del TU di maternità e paternità che comprende la NASPI in deroga al fine di estendere le alternative a disposizione dei genitori - e in particolare della madre - per occuparsi della cura del figlio entro il primo anno di vita.
La seconda questione affrontata riguarda il nuovo strumento di congedo parentale rivolto ai padri, introdotto con il D.lgs. 105/22, sottolineando come la sua fruizione sia onerosa e quindi risulti preferibile operare nella direzione della flessibilizzazione degli orari di lavoro.
La terza questione concerne l’attuazione della Legge sulla disabilità, focalizzando l’attenzione, nell’ambito del piano di attuazione delle politiche, sull’importanza della protezione di chi si prende cura delle persone disabili, introducendo rinnovati approcci all’eguaglianza dei genitori e nelle famiglie dei caregivers.
Riccardo Salomone, Presidente di Agenzia del Lavoro, ha posto l’accento sull’impegno di Agenzia nella realizzazione di politiche ed interventi mirati a servizio dell’occupazione femminile. Tra le misure citate, ha ricordato il Reddito di attivazione al lavoro, come buona pratica e passata esperienza di accompagnamento delle persone verso il lavoro. Tale esperienza è risultata particolarmente efficace nel caso delle donne, con l’auspicio di una sua riproposizione futura.