Femminicidi, l’appello degli studenti trentini: «Infuochiamo la nostra rabbia, facciamo rumore»
Di fronte alla necessità di una pratica costante contro la violenza di genere e le ancora poche azioni riservate a contrastarla, il Coordinamento Studentesco di Trento chiama a raccolta le scuole territoriali lunedì, alle 12: «Pretendiamo tuttə insieme un’educazione sessuale, affettiva e al consenso che smantelli questo sistema». E allora, carə studenti e studentesse, fatevi sentire e siate voi guide per adulti e generazioni future
TRENTO. È necessaria una pratica costante, che prenda vita (si spera “propria”, un giorno non troppo lontano dal nostro presente) in ogni ambito sociale, politico, culturale e relazionale per contrastare la violenza sulle donne. Altrimenti, come ha specificato Carlotta Vagnoli (scrittrice e attivista): «è solo pinkwashing sulle spalle delle vittime». E di vittime, questo 2024 italiano, ne annovera già cinque: Rosa D’Ascenzo, Maria Rus, Delia Zarniscu, Ester Palmieri, Elisa Scavone. Ammazzate perché donne. Nel 2023 sono state 118 le donne uccise, di cui 96 in ambito familiare o affettivo.
A fine 2023 l’Osservatorio della lingua Treccani ha annunciato la scelta della parola dell’anno: «femminicidio». Marcela Lagarde, antropologa e politica messicana (ex deputata dell’Assemblea costituente di Città del Messico) nonché figura di spicco per il femminismo latinoamericano e tra le prime teorizzatrici del concetto di «femminicidio», spiega come la categoria socioantropologica in cui quest’ultimo rientra descriva «la forma estrema di violenza di genere contro la donna, prodotto della violazione dei suoi diritti umani e in ambito pubblico e privato. Violazione che avviene attraverso varie condotte misogine che comportano l’impunità delle condotte poste in essere tanto a livello sociale quanto dallo Stato e che, ponendo la donna in una situazione indifesa e di rischio, possono culminare con l’uccisione o il tentativo di uccisione della donna stessa».
Di fronte alla manifestazione «Uomini contro la violenza di genere» svoltasi nel pomeriggio di oggi, sabato 13 gennaio, in piazza Pasi a Trento - organizzata da 60 uomini e presenziata da numerosi cittadini di genere maschile - si palesa facilmente nella mente la famosa immagine della “piccola goccia nell’oceano” che, pur esile e solitaria, prova a fare la sua parte. Ma basta? Ovviamente no, anche se nel 2024 risulta essenziale ribadirlo a chiare lettere. Per fortuna i giovani, così aspramente criticati dalle generazioni che del patriarcato hanno fatto la loro vena costitutiva, stanno cominciando a non avere paura di manifestare, con la loro voce, i sentimenti che la violenza di genere sprigiona.
E lo fanno, in strada quanto tra i banchi di scuola, con i loro manifesti in cartone sciupato per salvaguardare l’ambiente e gridare al mondo quanto debba cambiare il presente. Lo fanno quando sono chiamati al minuto di silenzio e lo fanno quando esigono mutarlo nel suono metallico del mazzo di chiavi, scosso per Giulia Cecchettin e per tutte le donne “di meno” a causa della brutalità maschile. Attraverso i canali social dalla comunicazione istantanea e capillare, il Coordinamento Studentesco di Trento ha deciso di appellarsi ai giovani trentini chiamando a raccolta ragazzi e ragazze di tutte le scuole territoriali per «infuocare la nostra rabbia: lunedì 15 gennaio alle ore 12 facciamo rumore!».
«Giovedì 11 gennaio è accaduto un altro femminicidio in questo nuovo anno - hanno commentato - siamo a sei donne uccise nel 2024. Non mentiamoci, è una notizia che ci aspettavamo e che non ci ha stupitə. Il vuoto che proviamo è colmato ogni giorno di più dalla nostra rabbia, siamo incazzatə e non smetteremo di ribadire che la colpa è ancora una volta del sistema patriarcale che ci uccide e ci stupra ogni giorno» hanno sottolineato.
«I minuti di silenzio non bastano, dobbiamo dare voce nelle strade e nelle scuole alla rabbia che questo sistema subdolo ci fa provare. Dobbiamo darle fuoco, incendiarla e con essa costruire una mobilitazione, dobbiamo essere il grido di tutte quelle donne che non posso più urlare».
«Non vogliamo una donna di meno uccisa dalla violenza di genere e per questo lanciamo un appello a tutte le scuole di Trento nella giornata di lunedì alle 12:00 di non stare in silenzio, ma di fermare le lezioni e fare rumore. Facciamoci sentire e diamo fuoco alla nostra rabbia contro il patriarcato che ci opprime e ci ammazza ogni giorno. Pretendiamo tuttə insieme un’educazione sessuale, affettiva e al consenso che smantelli questo sistema» hanno concluso.
E allora, carə studenti e studentesse, fatevi sentire e siate voi guide per adulti e generazioni future. Per i sogni di Ester Palmieri, strappati in una mattina di gennaio nella sua Montalbiano di Valfloriana ancora prima di poter sbocciare nel nuovo anno. Per Elisa Scavone, deceduta alle Molinette di Torino a causa dei colpi inferteli dal marito che, con disinvoltura, ha fatto sapere ai carabinieri «l'ho uccisa, ci pensavo da anni». Per chi non può farlo, per chi ci ha provato e per chi ha conosciuto il vuoto e quel «in fondo sono fortunata, mi ha solo violentata e non ammazzata». Fatelo, facciamolo.