Infanzia / Il dramma

Bimba trentina "rinchiusa" in un orfanatrofio in Messico: l'appello della mamma rimbalza in consiglio provinciale

La piccola di 10 anni si trova a Oaxaca, dopo essere stata strappata alla madre, la documentarista Elena Marini, impegnata da mesi in una battaglia giudiziaria. La figlia è cresciuta e risiede in val di Non e ha la sola cittadinanza italiana, ma ora le autorità del Paese latinoamericano le impediscono anche di comunicare con la mamma, mentre il padre biologico messicano chiede il test del dna per la genitorialità

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di Francesca Cristoforetti

TRENTO. Arriva direttamente in consiglio provinciale, con un'interrogazione, il caso della bimba trentina di 10 anni, «rinchiusa» dal 16 agosto scorso in una struttura per bambini orfani e maltrattati, propriamente detto Dif, nella città di Oaxaca nel sud del Messico, dopo essere stata strappata alla madre, fotografa documentarista trentina di 43 anni, Elena Marini (nella foto).

«La piccola sta sempre peggio: è a rischio la sua salute fisica e psicologica», è l'allarme lanciato dalla mamma, la quale, con l'appoggio dell'Ambascia Con la nonna della bambina partiremo per il Messico la settimana prossimata, del console, del Garante dei minori di Trento, Fabio Biasi, e il sindaco di Borgo d'Anaunia, da mesi sta lottando per riportare a casa la piccola (con la sola cittadinanza italiana con residenza in Val di Non, nonostante i lunghi periodi trascorsi in Messico).

Una battaglia giudiziaria che ha coinvolto diversi avvocati dal Trentino al Messico, con il papà biologico della bimba, che a distanza di 10 anni, «ha preteso il test del Dna per il riconoscimento».

«La situazione è complessa e delicata e si sta evolvendo sotto vari aspetti. Con la nonna della bambina partiremo per il Messico la settimana prossima», dichiara l'avvocata dei nonni materni, Francesca Graiff. Il caso non è sfuggito a livello politico.

A prendere in mano la situazione i consiglieri provinciali Andrea de Bertolini (Pd), Paola Demagri (Casa Autonomia.eu) e Filippo Degasperi (Onda) che, attraverso un'interrogazione, intendono «sollecitare il governo italiano per attivare la procedura per riportare al più presto in Italia e riaffidare alla madre la piccola, il cui benessere è la priorità assoluta».

«Siamo di fronte a una palese violazione della convenzione dei diritti del Fanciullo», ribadisce de Bertolini. «Due cittadine italiane che hanno subito un approccio disumano meritano attenzione. L'intento è arrivare a tutte le istituzioni, che la cosa sia trasversale», dice Demagri. A concludere Degasperi: «Necessario sollevare la questione con il presidente Fugatti e con l'intero consiglio provinciale».

LA VICENDA

«Il mio calvario è cominciato lo scorso 16 agosto, quando mi hanno tolto mia figlia, affidata da quel giorno a una struttura per bambini orfani e maltrattati nella città di Oaxaca nel sud del Messico».

È cominciato così la scorsa estate il calvario di Elena Marini, 43enne trentina di professione fotografa documentarista, mamma di una bambina di 10 anni. Nata a Cles, la piccola, cittadina italiana, ha trascorso gran parte della sua vita in Centro America, seguendo il lavoro della madre che, ancora mentre era incinta, avrebbe lasciato il papà biologico della bambina «perché violento».

A lui, cittadino messicano, la fotografa non avrebbe voluto concedere i diritti legali «a causa della sua attitudine irrazionale, motivo tra l’altro della nostra separazione al mio terzo mese di gestazione», racconta Marini.

Il tutto sarebbe scaturito la scorsa estate, nell’abitazione di Oaxaca, dopo una «lite domestica» tra madre e figlia. A cui però sarebbe seguito il fermo della 43enne da parte delle autorità, «una detenzione che è stata considerata illegale dalla stessa Procura, per intervento della famiglia del padre biologico e di uno studio di avvocati, molto conosciuto in città per essere molto influente».

Alla base «una denuncia di violenza familiare, non supportata da nessuna prova». Solo poche ore di fermo, che si sono rivelate «un punto di non ritorno»: la bambina è stata infatti accompagnata in una struttura per “orfani”, detta Dif. Da quel momento è cominciata un’odissea per la fotografa, tra l’Ambasciata di Città del Messico, tribunali e appelli al Governo italiano per far riavere la bimba.

«Per ben tre volte visto che non sono stati riscontrati maltrattamenti la bambina sarebbe dovuta tornare con me, in data 16 agosto, 22 ottobre e 4 dicembre, cosa che non è avvenuta a causa dell’opposizione del padre biologico».

E prosegue: «Ho cresciuto mia figlia da sola: è nata e ha la residenza in Trentino, la sua unica nazionalità è quella italiana. Abbiamo proposto che la nonna venga dall’Italia a prenderla in custodia, abbiamo richiesto un rimpatrio urgente in data 6 settembre in ambasciata con copia al ministero delle relazioni estere e diritti umani, senza successo. Il passaporto della bambina, su richiesta del papà biologico è stato prima “bloccato”, poi ritirato».

Papà che ora, «avrebbe richiesto il test del Dna per la genitorialità: fino all’esito mia figlia rimane in questa struttura».

Quattro mesi duri, secondo il racconto della madre, «in cui mia figlia vive situazioni stressanti che hanno già compromesso la sua salute fisica e emotiva. Posso vederla ma con un regime di visite stringente».

La situazione sarebbe precipitata il 17 dicembre scorso «quando mi è stata notificata una misura di protezione che non mi permette più né di avvicinarmi nè di comunicare con lei».

Grande la preoccupazione della 43enne e della sua famiglia, qui in Trentino, di non riuscire più a vedere la piccola.

A intervenire in questa vicenda anche il Garante dei diritti dei minori della Provincia autonoma di Trento, Fabio Biasi. «Giudicatemi in Italia – dice Marini lanciando un appello –. Fatemi rientrare con la mia bimba che rischia di subire gravi danni psicologici».

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