Legambiente: "Servono fondi per una transizione verso il turismo dolce in quota"
Presentato oggi, 12 marzo, il nuovo report "Nevediversa 2024", che fotografa le difficoltà crescenti del settore tradizione basato sulle piste da sci, nell'epoca della crisi climatica. Aumentano gli impianti aperti a singhiozzo, così come i costi (con finanziamenti pubblici) per l'innevamento artificiale, fra bacini idrici sui monti e consumi di energia. Nel mirino anche le opere costose per i Giochi olimpici 2026, anche in Trentino
NOVITÀ Bacino per l'innevamento artificiale al Belvedere-Col Rodella
CLIMA Tra vent'anni un mese in meno con neve a duemila metri
TRENTINO La neve artificiale costa 24 milioni di euro l'anno
TRENTO. Con la crisi climatica e l'aumento delle temperature nevica sempre meno su Alpi e Appennini che cambiano colore e al bianco dell'inverno si sostituisce il verde dei prati. Il nuovo report di Legambiente "Nevediversa 2024" lo dimostra con i dati: 177 gli impianti sciistici temporaneamente chiusi nella Penisola (+39 rispetto al report precedente), di cui 92 sull'arco alpino e 85 sull'Appennino.
Salgono a 93 quelli aperti a singhiozzo (+9 rispetto al report precedente), di cui 55 sugli Appennini. Le strutture dismesse raggiungono quota 260 (erano 249 nel report precedente) di cui 176 sulle Alpi e 84 sulla dorsale appenninica; gli impianti sottoposti al cosiddetto "accanimento terapeutico" sono 241 censiti da Legambiente (+33 unità) che sopravvivono solo con forti iniezioni di denaro pubblico; 123 sono sugli Appennini.
Legambiente richiama "i finanziamenti d'oro che non accennano a diminuire", "148 i milioni di euro destinati nel 2023 dal ministero del Turismo per l'ammodernamento degli impianti di risalita e di innevamento artificiale a fronte dei soli quattro milioni destinati alla promozione dell'ecoturismo".
Osservati speciali Piemonte, Emilia-Romagna e Toscana. L'associazione del cigno verde sollecita "un cambio di rotta a livello politico e territoriale, più risorse al turismo montano invernale sostenibile, azioni di mitigazione alla crisi climatica accompagnando gli operatori del settore in questo percorso di riconversione".
Gli impianti smantellati e riutilizzati sono arrivati a 31 e riguardano solo le Alpi, dice Legambiente.
Il dossier indica anche la crescita dei bacini idrici per l'innevamento artificiale: 158 quelli censiti (+16 rispetto al report 2023) di cui la gran parte in questo caso, ben 141, sulle Alpi, e il restante, 17, sulla dorsale appenninica.
L'associazione ambientalista chiede al governo Meloni che vengano "stanziati più fondi per il turismo dolce in quota e che si prevedano azioni di mitigazione alla crisi climatica nelle aree montane, accompagnando i gestori degli impianti in questo percorso di riconversione, in coerenza con quanto previsto dalla Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici e il Piano di Adattamento ai Cambiamenti Climatici di recente approvazione".
"I numeri in aumento degli impianti dismessi, aperti a singhiozzo, smantellati - dichiara Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente - rappresentano l'ennesimo campanello d'allarme di un turismo montano invernale sempre più in crisi a causa della crisi climatica e che deve avere il coraggio di andare oltre la neve sempre più rara e cara.
La pratica dell'innevamento artificiale è, infatti, insostenibile e comporta ingenti consumi d'acqua, forte dispendio di energia, oltre alla realizzazione di più bacini per l'innevamento e quindi un consumo di suolo in territori di pregio naturalistico.
Per questo - spiega Zampetti - è fondamentale che si avvii un cambio di rotta e una conversione verso un modello di turismo montano invernale più sostenibile in grado di andare oltre la monocultura dello sci in pista, tutelando al tempo stesso le comunità locali e chi usufruisce a livello turistico della montagna. Non si perda questa importante occasione, partendo dall'Appennino e dalle basse quote delle Alpi dove non ha più alcun senso la neve artificiale".
Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi di Legambiente, osserva che "non c'è alcuna contestazione nei confronti degli operatori del settore, ma più un'obiezione contro la resistenza al cambiamento. Un inverno senza neve per questo mondo rischia di diventare un inverno senza economia e sbaglia chi continua a affermare 'abbiamo sempre fatto così'. Occorre avviare un processo di transizione trasformando e diversificando, puntando ad un turismo sostenibile e dolce che rappresenta il futuro della montagna. Il dialogo e il confronto con gli operatori del settore è fondamentale per contribuire a questo nuovo orizzonte di cui ha bisogno la montagna".
Nel mirino anche i Giochi olimpici Milano-Cortina 2026. "Sono oltre 20 le opere più costose segnalate da Legambiente in vista delle Olimpiadi di Cortina 2026 dalla ong e che "risultano finanziate con importo superiore ai 30 milioni di euro ciascuna. Opere che si dovrebbero realizzare in Lombardia, Veneto e Trentino-Alto Adige".
Ad esempio a Cortina, il villaggio olimpico temporaneo di Fiames 30 milioni, Cortina sliding centre 80 milioni-124,7 milioni; ma anche in Lombardia la variante Trescore-Entratico per 186,3 milioni, o in Trentino, a Predazzo, lo stadio del salto - trampolino 36,6 milioni.
La sostenibilità, secondo Legambiente, "è un miraggio, la crisi climatica incombe con i suoi impatti, e poi ci sono i ritardi nei progetti e nell'avvio dei lavori, rialzi ed extra costi, gare deserte e offerte di impianti oltreconfine, ripiegamenti logistici su strutture più 'light', cantieri non ancora aperti e che con molta probabilità verranno completati a olimpiadi concluse con eredità pesanti per i territori e le loro comunità, oltreché per le casse pubbliche". (ANSA)