Celledizzo, resta ignoto chi ha ucciso Massimiliano Lucietti: si va verso l'archiviazione
I genitori del cacciatore 24enne che perse la vita a causa di un colpo di fucile il 31 ottobre 2022:«Lotteremo fino alla nostra morte per sapere chi è stato. Quello di nostro figlio è stato un omicidio. Involontario, ma un omicidio». Nessun elemento nuovo dagli ultimi accertamenti tecnici sulle armi sequestrate in zona per effettuare le perizie: la carabina che ha sparato non si trova
LE INDAGINI Una tragedia senza risposte: mistero sull’arma che ha sparato
TRAGEDIA Cacciatore di 24 anni trovato morto in val di Sole
DOLORE Celledizzo, il doppio dramma di una comunità
TRENTO. Il grido di aiuto di mamma Mirta e papà Roberto Lucietti potrebbe rimanere inascoltato: «Vogliamo sapere chi ha ucciso nostro figlio» avevano dichiarato all'Adige nel giorno in cui ricorreva il primo anniversario della morte di Max Luce, il giovane di 24 anni raggiunto da un colpo di fucile alla nuca durante una battuta di caccia.
La tragedia si consumò all'alba del 31 ottobre 2022, in località Corè. Ma in un anno e mezzo di indagini serrate né i carabinieri del nucleo investigativo provinciale, né gli esperti del Ris sono riusciti a dare un nome a chi ha premuto il grilletto.
L'indagine aperta per omicidio colposo potrebbe dunque prendere la strada dell'archiviazione. Nulla di nuovo è emerso dalle ultime analisi tecniche che la procura di Trento ha affidato al Reparto investigazioni scientifiche dell'Arma sulla compatibilità degli ultimi dieci fucili sequestrati la scorsa estate a cacciatori della zona di Peio (altre carabine, una ventina, erano già state analizzate nei laboratori).
E in paese tutto tace. Rimane chiusa nel dolore la famiglia di Massimiliano Lucietti, Max Luce per gli amici, vigile del fuoco volontario, dipendente della ditta Fucine Film di Ossana, con una passione per la caccia e per la pesca.
«Lotteremo fino alla nostra morte per sapere chi è stato a togliere la vita a Massimiliano. Quello di nostro figlio è stato un omicidio. Involontario, ma un omicidio», è il pensiero dei genitori, che in questi mesi si sono aggrappati all'amore verso l'unico figlio loro rimasto, Mattia.
Il peso di quella tragica mattina è anche nei cuori della moglie e dei figli di Maurizio Gionta, il cacciatore 59enne che, vedendo Max riverso a terra, fu il primo a chiamare i soccorsi.
L'uomo venne convocato in caserma, sottoposto allo stub, ossia al tampone che determina i residui da sparo presenti sulle persone e sugli indumenti. Un atto dovuto, in sede di indagine. Gionta, la mattina seguente, si tolse la vita. Accanto al suo corpo venne trovato un biglietto con queste parole: «Non attribuitemi colpe che non ho».
Ma non fu lui a sparare il proiettile che colpì alla nuca Massimiliano Lucietti, probabilmente mentre era appostato a terra: l'esame dello stub diede esito negativo. Come emerso dalla perizia del Ris di Parma - Sezione chimica, esplosivi ed infiammabili - sulla persona e sugli indumenti di Gionta non erano state rinvenute particelle "peculiari" dello sparo ma solamente particelle "compatibili" che «se considerate da sole assumono una valenza limitata atteso che, per loro natura, possono essere anche di origine ambientale o derivare da fonti occupazionali».
Dunque Maurizio Gionta quella mattina non sparò. Il suo fucile è risultato compatibile con l'ogiva (ritrovata in cattivo stato) che penetrò nella nuca della vittima, ma dal punto di vista scientifico non emerge la certezza che il colpo mortale sia partito proprio dal Winchester 270 del 59enne.
Proprio sulle verifiche tecniche dei fucili si sono concentrati gli investigatori. Se lo stesso giorno della morte di Lucietti i carabinieri acquisirono l'arma di Gionta, dopo un paio di settimane sequestrarono una ventina di carabine legalmente detenute da cacciatori di Celledizzo e di aree vicine, tutte compatibili con il calibro 270 del colpo che ha ucciso Lucietti. Non furono trovate corrispondenze fra le armi e l'ogiva, che si era deformata dopo l'impatto mortale.
Nel luglio scorso il pm Davide Ognibene ha disposto ulteriori indagini sulle armi, con il sequestro di una decina di fucili di calibro diverso, sempre appartenenti a cacciatori della zona di Peio.
Tuttavia non sarebbe emerso nulla di dirimente dalle analisi di laboratorio. I carabinieri del nucleo investigativo provinciale hanno depositato l'informativa conclusiva: in mancanza di elementi nuovi il caso potrebbe chiudersi senza che abbia un nome il responsabile della morte di Massimiliano Lucietti. Il fascicolo era stato aperto per omicidio colposo a carico di ignoti. La procura potrebbe ora chiedere l'archiviazione.