Giustizia / Il caso

Chico Forti in Italia: "Da oggi per me cambia tutto, devo ringraziare molte persone"

Il 65enne trentino al Tg1, poche ore dopo l'arrivo dagli Usa: "Ho sognato ogni giorno questo momento. È la ragione per cui sono riuscito a tenere duro. Sono innocente, mi sono detto colpevole solo per l'estradizione. Spero di poter riabracciare presto mia madre"

TRENTO L'avvocato: "Farà istanza per rivedere la madre"
ITER Forti sarà essere trasferito a Verona il 20 maggio
LA PENA Il consulente: "Potrebbe ottenere la libertà vigilata"

LO ZIO Gianni Forti: "Gioia per noi, grazie al governo"
SCHEDA Dieci cose da sapere della vicenda di Chico Forti
MELONI La premier incontra Forti appena atterrato a Roma

TRENTO. "Ho sognato ogni giorno questo momento": sono parole pronunciate oggi da Chico Forti, al microfono del Tg1, che ha mandato in onda l'intervista nell'edizione delle 20 di questa sera, sabato.

"Ogni giorno - ha aggiunto il trentino, nel carcere romano di Rebibbia, a poche ore dal rientro in Italia dopo 24 anni -  in questi anni ho pensato a questa giornata. È la ragione per cui sono riuscito a tenere duro. Cambia tutto, dalla notte al giorno (rispetto al carcere a Miami, ndr), il personale, la direttrice, le guardie che mi hanno accolto, i vestiti che indosso, sono italiani, non ho le manette, è un'altra atmosfera".

Forti ha ribadito la propria innocenza in relazione alla condanna che sta ancora scontando per omicidio: "Dovevo dichiararmi colpevole per avere l'estradizione, è l'unico motivo per cui l'ho fatto", ha detto al Tg1.

Poi, commosso, ha detto di dover ringraziare tante persone che per anni lo hanno sostenuto, come lo zio Gianni "cuor di leone", ma anche la premier Giorgia Meloni, e tutto il governo, "indipendentemente dalle ideologie politiche".

Forti , pantaloni beige e polo, sul futuro, ha aggiunto: "Vedo sempre il bicchiere mezzo pieno, sono positivo. Accetto questo passo, so che è obbligatorio. È per mia madre che mi sono mantenuto così, spero di poterla visitare presto. Ringrazio tante persone: mio zio, Giorgia Meloni, un personaggio fantastico, tutto il governo mi ha aiutato, anche Andrea Bocelli".

La sua è stata una marcia lunga, partita cinque anni fa con la richiesta di essere trasferito in Italia. Oggi, 18 maggio, Chico Forti ha tagliato finalmente il traguardo, con un'accelerazione improvvisa nelle ultime ore che ha accorciato i tempi del complesso meccanismo di estradizione dalla Florida del 65enne ex surfista trentino, dopo quasi 25 anni di detenzione negli Stati Uniti, dove è stato condannato all'ergastolo per omicidio.

Il lavoro del livello politico, di quello diplomatico e la collaborazione degli uffici giudiziari ha consentito così di portare a casa il risultato con alcune settimane di anticipo rispetto alle previsioni.

Il primo passo della marcia risale al dicembre 2019, quando Forti, tramite il proprio difensore, ha espresso la volontà di essere trasferito in Italia. Senza quell'atto formale il rientro non sarebbe stato possibile in quanto l'uomo - che si è sempre dichiarato innocente - fino ad allora si era rifiutato di riconoscere la condanna. 

È iniziata così, tra stop and go, la mobilitazione dei vari governi italiani nei confronti dell'amministrazione Usa. C'era da convincere Washington, ma anche Miami, con il governatore italoamericano della Florida, Ron DeSantis e i pubblici ministeri dello Stato.

Una partita complessa, dunque, con diversi livelli coinvolti. Che ha avuto una svolta con l'incontro a fine febbraio nella capitale americana tra la premier Giorgia Meloni - che aveva sostenuto la causa di Forti anche quando era all'opposizione - e il presidente Joe Biden. In quell'occasione, il 2 marzo, Meloni aveva annunciato la firma dell'autorizzazione al trasferimento in Italia: Chico Forti poteva così finire di scontare la pena in un carcere del suo Paese.

Il nodo sciolto era la cosiddetta norma del 'fine pena mai'. Il 65enne, cioè, in Florida stava scontando l'ergastolo senza condizionale che non è previsto dalla giurisdizione italiana.

Con la visita della premier si è superato questo scoglio: in Italia sconterà ancora l'ergastolo, ma sottoponendosi alle leggi italiane, compresi i benefici premiali nel caso in cui siano previsti.

Risolta la partita politica, restava da sbrigare l'iter dell'estradizione, dai tempi imprevedibili. Ci sono voluti due mesi e mezzo. Il 15 marzo il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha trasmesso al procuratore generale di Trento l'atto, a sua firma, con cui chiedeva di promuovere alla Corte di appello il riconoscimento della sentenza penale irrevocabile emessa dalle autorità statunitensi nei confronti di Forti.

Nordio ha anche trasmesso al Department of Justice le informazioni tecniche richieste in merito alle modalità di esecuzione della pena in Italia. Il 17 aprile presso la Corte di appello di Trento c'è stato un altro atto formale importante: la prima udienza per la conversione della sentenza statunitense.

Il 16 maggio Forti ha lasciato il carcere di Miami, rimanendo trattenuto dall'Agenzia statunitense per l'immigrazione, in attesa del trasferimento in Italia, previsto nel giro di 2-3 settimane.

È stato anticipato ad oggi con l'aereo atterrato in mattinata a Pratica di Mare, dove ad accoglierlo c'era anche la premier Giorgia Meloni. Chico Forti è stato quindi trasferito temporaneamente nel carcere romano di Rebibbia e da qui sarà trasferito nel penitenziario di Verona, dove probabilmente arriverà lunedì, dopodomani.

Fra le prime richieste ci sarà quella di poter incontrare la madre 96enne, che vive a Trento ed è impossibilitata a spostarsi.

Poi, una volta raggiunti i 26 anni di carcere (ne ha già scontati oltre 26), Forti potrà chiedere l'accesso a benefici quali la libertà vigilata, in base all'ordinamento italiano (mentre negli Usa la sua condanna non prevedeva la fine della pena).

In Trentino vari rappresentanti istituzionali, dal presidente della Provincia Maurizio Fugatti al sindaco del capoluogo Franco Ianeselli, hanno espresso soddisfazione per l'arrivo di Forti in Italia.

Una soddisfazione trasversale che fa da controcanto alla gioia manifestata dai parenti di Forti, a cominciare dallo zio Gianni, che ha salutato anche con un videomessaggio questo momento atteso da 24 anni, segnati da una costante mobilitazione in cui sono state coinvolte molte persone.

E oggi, finalmente, l'attesissimo risultato e ora la speranza di poter anche riabbracciare presto di persona Chico Forti.

E lui, oggi, una volta toccato il suolo italiano, ha dedicato le prime parole alla mamma: "Non vedo l'ora di riabbracciare mia madre".

"Sorridente ma provato" durante l'incontro con la presidente del consiglio Giorgia Meloni, che Forti ha ringraziato, il 65 enne trentino, è apparso commosso quando ha parlato dell'anziana madre.

La donna ha 96 anni e vive a Trento: non vede il figlio dal 2008, tanto, troppo tempo. L'incontro tra madre e figlio è abbastanza sicuro, incerti semmai sono i tempi della burocrazia.

Ne è convinto l'avvocato italiano di Forti Carlo Della Vedova. "Faremo un'istanza per avere il permesso per il detenuto di visitare la madre. Non è possibile il diniego" visto che è "un diritto di tutti i detenuti".

Del resto anche l'aspetto umanitario, ha puntualizzato l'avvocato, ha "accelerato la procedura ed è anche stata considerata dalla Corte di appello di Trento quando è stata recepita la sentenza americana".

Era stata proprio la madre, più di un anno fa, dalle pagine di Qn a lanciare un appello a Giorgia Meloni chiedendo il rientro in Italia del figlio. "Sono sempre convinta che sia stato vittima di un terribile errore giudiziario", disse.

E come tutte le mamme ebbe parole colme di affetto e dolcezza: "Chico, sin da bambino, stava dalla parte dei più deboli: è sempre stato mite e pacifico. Ha un carattere burlone, ma è buono, leale, onesto". Quando apprese che quell'idea di rivedere il figlio poteva finalmente diventare realtà raccontò: "Credo sia stata la più grande emozione di tutta la mia lunga vita. Non vedo mio figlio dal 2008. Andai a trovarlo in carcere in America per i miei 80 anni. Poi non ho più avuto la forza di muovermi".

Ed ammise: "Avevo perso quasi tutte le speranze. Poi Chico, ogni volta che lo sentivo, mi esortava a resistere fino a quando non lo avessi ancora abbracciato. E così ho sempre fatto".

Festeggiano anche gli amici del 65enne, tutti riuniti nel comitato Una chance per Chico che in tutti questi anni ha seguito la lunga battaglia per riportarlo in Italia.

Sulla pagina Facebook si celebra "la fine di un incubo" e l'inizio di una "nuova vita".

Forti intanto è in una cella da solo a Rebibbia Nuovo Complesso, il carcere romano dove è stato portato, una volta preso in consegna dalla penitenziaria, dopo il suo arrivo a Pratica di Mare attorno alle 11.30.

Un fuori programma visto che Forti era destinato da subito al penitenziario di Verona, dove proprio oggi era in visita Papa Francesco che ha incontrato i detenuti. A Rebibbia è stato accolto dal direttore, ha sbrigato le formalità di rito e ora si trova in cella da solo anche in virtù del fatto che è, appunto, un detenuto in transito.

"Oggi è un giorno speciale. Abbiamo la chance di dare a Chico una nuova vita": Gianni Forti, lo zio di Chico Forti, non trattiene l'entusiasmo alla notizia dell'atterraggio dell'aereo dell'Aeronautica militare che ha trasferito il 65enne trentino dalla Florida all'Italia.

Contattato di prima mattina, ha preferito avere la certezza dell'imminente atterraggio del Falcon 2000 partito nella sera di ieri da Miami in direzione di Pratica di Mare prima di tirare un respiro di sollievo e lasciarsi andare a un commento, dopo anni di battaglie per far trasferire il nipote.

"Oggi - aggiunge - possiamo dire di non aver fatto tutto invano: tante volte abbiamo perso le speranze, e sembrava che questo obiettivo non si potesse raggiungere, invece è avvenuto, anche grazie a chi ha gestito bene questo importante passo".

Gianni Forti è poi intervenuto anche a nome dei familiari con un messaggio video registrato nella sua abitazione.

L'emozione che traspare nella sua voce per un rientro a lungo atteso si mescola con la trepidazione dovuta al saper di poter finalmente riabbracciare il nipote in Italia.

"Gli Stati Uniti - ha commentato - raramente concedono queste cose. Grazie all'intervento del governo siamo riusciti a ottenere quello che per tanti anni abbiamo inseguito e non siamo mai riusciti a raggiungere, malgrado la buona volontà di tutti. Il suo esempio di resistenza ci ha stimolati a tenere alta l'attenzione su di lui e a far sì che potesse rimettere piede nel suo Paese, tra la sua gente".

Per il più grande sostenitore della causa di Chico Forti, da sempre convinto della sua innocenza, rimane un solo rammarico, ovvero - ammette - "non essere riuscito a farlo rientrare prima", dopo "una battaglia durata come una guerra punica".

"A noi però basta che oggi sia in Italia: ora il percorso è in discesa", conclude lo zio, ringraziando tutti gli amici che per hanno portato avanti la battaglia per lunghi anni.

Grande soddisfazione è stata espressa anche da Lorenzo Moggio, presidente del comitato Una Chance per Chico: "Non ci aspettavamo - spiega Moggio - che il trasferimento avvenisse in tempi così rapidi, questo va tutto a vantaggio del futuro di Chico. Adesso aspettiamo solo di poterlo riabbracciare di persona".

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