"Nessuno tocchi Caino": bene il rientro di Forti, il governo pensi anche agli altri italiani detenuti all'estero
Sergio D'Elia, segretario dell'associazione è intervenuto a Trento: «Grazie a questa vicenda, Roma potrebbe accendere l'attenzione sui connazionali in carcere, ce ne sono sicuramente centinaia con i titoli per avvalersi di un trattamento simile»
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TRENTO. «Grazie alla vicenda di Chico Forti, il governo potrebbe accendere la sua attenzione sui 2500 italiani detenuti all'estero. Ce ne sono, se non migliaia, sicuramente centinaia con i titoli per avvalersi di un trattamento simile». Sergio D'Elia, segretario dell'associazione "Nessuno tocchi Caino", è intervenuto sulla vicenda di Chico Forti.
L'invito di D'Elia al governo è quello di non considerare chiuso il capitolo dei connazionali detenuti all'estero. Le parole sono state pronunciate l'altroieri nel corso dell'evento elettorale organizzato dal candidato di "Stati Uniti d'Europa" Fabio Valcanover, presso l'Albergo Accademia.
Valcanover ha espresso soddisfazione per il ritorno di Forti, prendendo le distanze da quelle che considera strumentalizzazioni politiche: «Sono contento che sia arrivato, ho trovato volgarissimo il titolo del "Fatto quotidiano" che ha titolato "Benvenuto assassino" e non mi sono piaciute le strumentalizzazioni fatte dalla destra. Spero che la destra, alla luce del caso Forti, inizi a sperimentare la cultura che noi professiamo da sempre, ovvero il rifiuto del principio del "fine pena mai"».
Condannato all'ergastolo ostativo negli Stati Uniti per un omicidio di cui si dichiara innocente, Forti si trova ora al centro di un rebus giuridico, in quanto la pena comminata in America è incompatibile con la legge italiana. Sergio D'Elia ha analizzato: «Le due giurisdizioni, quella americana e quella italiana, sono diverse. In Italia non si può applicare una pena incompatibile con il sistema giuridico italiano. Per estremizzare, se una persona venisse condannata alla pena di morte negli Stati Uniti e fosse trasferita in Italia, non potrebbe subire la pena di morte, perché non in Italia non è prevista. E lo stesso vale per l'ergastolo ostativo, previsto negli States, ma non in Italia».
D'Elia fa un'ipotesi sul futuro detentivo di Forti e prevede la possibilità di una scarcerazione: «Forti ha scontato più di 24 anni di pena, occorre tenere conto dell'espiato. Sarà soggetto all'ordinamento penitenziario italiano, che a partire dai ventisei anni di pena prevede la possibilità di avvalersi della libertà condizionale. Posso immaginare che nel giro di poco tempo Forti potrà avvalersi degli sconti di pena previsti, come il regime della semilibertà. D'altronde ne ha titolo, non sembra una persona che costituisca un pericolo per la società».
Nel corso dell'incontro, è intervenuto il consigliere provinciale Francesco Valduga, che ha indicato nella nomina del prossimo Garante provinciale dei diritti dei detenuti una materia da affrontare in maniera trasversale dalle forze politiche: «Quella del Garante è una figura che ha dei limiti, ma anche delle opportunità.
La sua nomina dovrà essere condivisa tra maggioranza e minoranze, ma non possiamo limitarci a fare un nome, vanno date delle priorità, che sono quelle della funzione rieducativa del carcere e della sua permeabilità verso le associazioni e la società. La civiltà di un territorio si misura nel modo in cui le istituzioni trattano i detenuti. Nelle carceri italiane c'è un drammatico fenomeno di abuso di psicofarmaci e stupefacenti, così il carcere non rieduca, anzi è criminogeno. Inoltre serve un Provveditore regionale all'amministrazione penitenziaria che abbia sede in Trentino-Alto Adige. Al momento facciamo riferimento alla struttura di Padova, è un limite importante».