La pediatra salva la vita a un bimbo di 10 anni, il grazie dei suoi genitori: “Le saremo sempre riconoscenti”
Mamadou, papà di un bambino di 11 anni, il quale si era recato dalla pediatra per una semplice visita, con la richiesta di ottenere un certificato medico sportivo. Una visita quindi in apparenza come tante altre, ma che in realtà ha rivelato ben altro
TRENTO. «Ha salvato la vita a mio figlio, le sarò sempre grato per questo». C'è ancora molta commozione nelle parole di Mamadou, papà di un bambino di 11 anni, il quale si era recato dalla pediatra per una semplice visita, con la richiesta di ottenere un certificato medico sportivo. Una visita quindi in apparenza come tante altre, ma che in realtà ha rivelato ben altro: soltanto guardandolo negli occhi la dottoressa ha capito che la situazione per l'undicenne di origine senegalese era gravissima e che era necessario intervenire immediatamente per salvargli la vita. Era inizio marzo quando il piccolo, insieme al papà, ha suonato al campanello dell'ambulatorio della dottoressa Maria Rosaria Leveghi, in via Calepina, la loro pediatra di famiglia.
«Sono arrivati per avere il certificato di idoneità sportiva per la società - ha raccontato - Dopo averlo visitato mi sono resa conto che mancava un elettrocardiogramma da effettuare perché lui potesse giocare a calcio, come è solito fare per praticare un'attività come tesserati. Ma mentre era seduto ho osservato i suoi occhi: erano gialli. La cosa mi ha destato grande preoccupazione e per me è stato un primo campanello d'allarme. Immediatamente ho chiesto al bambino se si sentisse stanco. La risposta è stata un flebile "moltissimo". Ho subito capito che quello era indice di qualcosa di molto più grave».
Subito la pediatria ha prescritto degli approfondimenti e delle analisi per capire lo stato di salute del ragazzino. L'11 marzo, papà e figlio sono tornati nello studio nel centro storico con i risultati.
«I valori del fegato erano completamente fuori norma, ho capito che si trattava di un'urgenza. Ho subito pensato a un'epatite, per questo ho chiamato il pronto soccorso dell'ospedale, non potevamo più aspettare». La corsa contro il tempo del papà verso il Santa Chiara, poi la notizia del personale medico: «Suo figlio ha una cirrosi epatica in corso».
Secondo la diagnosi, dunque, un'epatite autoimmune. Una malattia gravissima e rara per un bambino così piccolo, che in poco tempo, era passata da un'insufficienza epatica a cirrosi, uno stadio antecedente al tumore.
«Se avessimo aspettato ancora le conseguenze sarebbero state tragiche - ha proseguito la pediatra - L'aspettativa di vita, arrivati al tumore, è bassissima». Dal capoluogo quindi il piccolo paziente è stato trasferito d'urgenza nella clinica pediatrica dell'Azienda Ospedale Università di Padova. Lì dove, insieme al genitore, è stato accolto per oltre 20 giorni per essere curato, ricevendo la corretta terapia che gli ha permesso di trovare la via verso la guarigione contro questo brutto male, arrivato all'improvviso.
Nel frattempo proprio la struttura padovana ha chiamato la professionista, complimentandosi per la veloce diagnosi, nonostante i pochi elementi che lei aveva a disposizione. Le dimissioni del paziente sono arrivate soltanto il 18 aprile scorso, quando finalmente è potuto tornare a casa, fra le braccia della mamma e dei fratellini. «Mio figlio ora sta bene e potrà anche tornare a giocare a calcio - sostiene il padre sorridendo - ci tengo moltissimo a ringraziare la dottoressa, a lei va tutta la mia gratitudine per avergli salvato la vita. Non potrò mai ringraziarla abbastanza».
Innegabile l'emozione che traspare anche dallo sguardo della pediatra: «La teoria e i libri sono necessari per imparare, ma il resto lo fa la lunga esperienza sul campo. Ho fatto il mio dovere, ma questa storia mi rimarrà nel cuore, come questo mio piccolo paziente. Con lui e la sua famiglia ora c'è un rapporto ancora più stretto per quanto possibile. Le fondamenta di questo studio si basano sul concetto di "accoglienza". Do la massima importanza a tutti i bambini che si presentano qui e ad ogni caso che mi trovo ad affrontare».