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Il neofascismo fra i giovani di Fdi, Meloni striglia i suoi: "Nel partito non c'è spazio per razzisti e antisemiti"

Lettera per ribadire che «i partiti di destra hanno fatto i conti con il passato e con il ventennio fascista già diversi decenni fa». Ma da sinistra arrivano critiche alle parole della premier, ritenute insufficienti oltre che tardive, Fratoianni: «Se hanno fatto i conti col passato fascista, li hanno sbagliati». Critiche anche all'attacco di Meloni al lavoro giornalistico «infiltrato in un partito»

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ROMA. Indietro non si torna. Che sia la nostalgia per razzismo, antisemitismo o «qualsiasi manifestazione di stupido folklore». E chi non ci sta, è fuori da Fratelli d'Italia. Giorgia Meloni è perentoria, quasi ultimativa, su presente e futuro del suo partito. Oltre che «arrabbiata e rattristata per come ci rappresentano».

In una lunga lettera che manda ai dirigenti di FdI, la premier e fondatrice di FdI affronta il bubbone scoppiato in casa. Non cita espressamente i filmati girati da Fanpage tra i militanti del movimento giovanile. Ma che sono stati «ripresi in privato», punzecchia. E protagonisti di insulti antisemiti, razzisti ed esaltazione del nazismo e del fascismo.

Fino al clou delle risate su una propria senatrice, Ester Mieli, irrisa per le origini ebraiche. Da qui espulsioni o sospensioni che scatteranno a breve per gli attivisti facilmente riconoscibili in quei video. Ma il messaggio della leader dei patrioti è rivolto a tutti. O almeno così viene percepito tra dirigenti e parlamentari.

Anzi, sotto i riflettori sembra esserci soprattutto chi doveva vigilare o intervenire in tempo, tra i vertici e i volti storici del partito, e non l'ha fatto. O ha sminuito la narrazione dei media, sottovalutando l'eco della bufera.

Ora, quindi, bisogna correre ai ripari. Si decide di farlo pubblicamente e con una lettera che arriva nel giorno in cui la commissione guidata dalla senatrice a vita Liliana Segre - nata per combattere razzismo, antisemitismo e istigazione all'odio - chiede all'unanimità di acquisire i documenti a disposizione di Fanpage, per vederci più chiaro.

Una richiesta sollecitata da una lettera dell'ex forzista Elio Vito, che chiedeva alla commissione di acquisire la documentazione di Fanpage, e su cui Segre ha detto di essere d'accordo. Anche nel partito di Meloni, a questo punto, bisogna fare chiarezza. Ribadire quali sono i confini, per distinguere chi è dentro e chi no o non più. E anche se è stato «detto e ripetuto decine di volte», repetita iuvant. Primo punto: «non c'è spazio, in Fratelli d'Italia, per posizioni razziste o antisemite», è la premessa della premier.

E non perché sono cambiati i tempi: «I partiti di destra, dai quali molti di noi provengono, hanno fatto i conti con il passato e con il ventennio fascista già diversi decenni fa».

Insomma, non è solo perché FdI è un partito nato sulle ceneri del postfascista Msi prima e di Alleanza nazionale poi, fondato 12 anni fa, ma perché ha scelto di «aprirsi a culture politiche compatibili con la nostra, accogliendo persone che arrivavano anche da percorsi politici diversi da quello della destra storica».

Meloni respinge chi «recita un copione macchiettistico» utile solo agli avversari politici e anzi insiste: non c'è un'immagine pubblica di FdI e una privata. Chi invece distingue, «non è il benvenuto tra noi».

Come, verrebbe da dire, quella Forza Nuova guidata da Roberto Fiore che non a caso replica a Meloni a stretto giro: «Più ci si allontana temporalmente dal fascismo più l'élite politica esige l'antifascismo duro e puro. Abbiamo grandi storici come Renzo de Felice che hanno spiegato agli italiani cosa fu il fascismo e perché terrorizza tutt'oggi la sinistra e la finanza. Noi la pensiamo come 20 e 40 anni fa e oggi ci rendiamo conto che la parte migliore del fascismo sta tornando nel cuore dei popoli... ma non nelle elites».

Ma Meloni è tranchant sulla sua via della destra di governo e di «perdere tempo», ripete come un mantra, non ne ha più intenzione. E «chi non è in grado di capirlo, o chi non ha compreso questo percorso, chi non è in condizione di tenere il passo», spiega, «non può far parte di Fratelli d'Italia».

Da sinistra si prende atto ma si reputa insufficiente, tardiva e non abbastanza chiara la presa di posizione di Meloni, avvenuta solo dopo una settimana dalla seconda puntata del'inchiesta e a quasi venti dalal diffusione del primo, inquietante video fra slogan nazisti e fascisti pronunciati dai militanti dell'ala giovanile di Fratelli d'Italia.

Nuove critiche anche all'attacco di Meloni contro il lavoro giornalistico «infiltrato in un partito»: la premier ha stigmatizzato i metodi dell'inchiesta di Fanpage appellandosi addirittura a Mattarella e dicendo fra l'altro che non era accaduto prima nulla di simile, cioè i microfoni nascosti per testimoniare la realtà della vita interna di un movimento politico. In molti hanno preso posizione, da sinistra in particolare, a difesa della stampa e hanno ricordato che sono state numerose in passato le inchieste undercover che hanno riguardato anche altre forze politiche, dalle tessere Pd in Campania alle attività di Berlusconi.

Si fa notare l'importanza del lavoro giornalistico sotto copertura, quando si tratta di svelare scenari divergenti rispetto all'immagine o all'apparenza pubblica di una certa organizzazione. Inoltre, dato che Meloni ha additato l'inchiesta gironalistica con parole pesanti quali "metodi da regime", in molti hanno replicato alla leader di destra che nei regimi non è chi ha potere a essere "infiltrato" ma è lo Stato con i suoi apparati a spiare i cittadini e magari pure i giornalisti, viceversa la stampa che controlla i governanti è un elemento prezioso della dialettica democratica.

"Se Fdi ha fatto i conti con il passato, evidentemente li ha fatti male, visto come si comportano i gtiovani militanti", commenta Nicola Fratoianni di Avs. Li fa eco il suo alleato Angelo Bonelli.

"La lettera ai vertici di Fdi dopo l'inchiesta di Fanpage di Giorgia Meloni - dice Bonelli - conferma l'ambiguità storica del suo partito, che condanna il razzismo e l'antisemitismo ma non riesce a dichiarare che il fascismo deve essere estirpato definitivamente dal suo partito e non riesce a pronunciare la parola antifascista.

Su questa ambiguità si è consentito che nel paese, diffusi dalla sua giovanile, derivassero comportamenti e simbologie del passato fascista e totalitario, evidenziati nell'inchiesta di Fanpage.it.

Lei afferma di condannare tutti i totalitarismi, ma non il fascismo e non affronta il problema degli atteggiamenti dichiaratamente fascisti presenti nel suo partito.

Le sue affermazioni finte democratiche sono talmente inverosimili che nessuna persona di passaggio per strada le crederebbe. Se è vero che nel suo partito non c'è spazio per i nostalgici e i totalitarismi come vuole farci credere, ci spieghi perché ha promosso a presidente del Senato chi fa collezione dei busti del Duce e che disse che a via Rasella i partigiani uccisero dei musicisti pensionati e non dei nazisti", conclude Bonelli.

"Le parole di Giorgia Meloni sull'inchiesta di Fanpage - afferma il deputato del partito democratico, Roberto Morassut - sono insufficienti e minimizzano l'accaduto, oltre ad attaccare la libera stampa che ha il diritto e il dovere di svolgere inchieste sul potere e sui potenti".

Morassut aggiunge: "La presidente del Consiglio deve compiere un gesto definitivo per sganciare finalmente lei e il suo partito dal periodo più buio della nostra storia. Vada a Salò e rinneghi il fascismo; vada in quel luogo e dica a chiare lettere che la destra italiana si libera per sempre di quella zavorra che ancora la rende non credibile agli occhi di milioni di italiani e dell'Europa, che infatti la mette ai margini".

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