Clima e danni da eventi estremi: in Trentino oltre cento milioni all'anno per le sistemazioni
Il presidente della Provincia, Maurizio Fugatti: «Nessun allarme, ma bisogna pianificare gli interventi. È sempre più necessario accantonare risorse per non doversi ritrovare poi impreparati a gestire emergenze»
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TRENTO. Il cambiamento climatico chiede il conto. E lo fa con sempre più intensità. Non c'è solo la data del 3 luglio a ricordarlo, con il prezzo - devastante - in vite umane che è stato pagato due anni fa in Marmolada. Ci sono le tante emergenze ormai pressoché quotidiane. Con vittime, ma anche tanti danni, vite rovinate per chi resta. E conti salatissimi per le casse pubbliche.
Ogni anno, mediamente, la Provincia di Trento spende un centinaio di milioni per interventi di vario tipo legati a calamità naturali. Una cifra in crescita pressoché costante (98,6 milioni nel 2019, 101 nel 2020, 117,4 nel 2021, 106 nel 2022) e che è assolutamente al ribasso.
Somme che riguardano gli stanziamenti diretti da parte di piazza Dante, a cui vanno sommati i contributi versati ai Comuni per gli interventi di somma urgenza (altri 40 milioni solo nel 2022) e tante altre voci di spesa collegate alle necessità che comporta intervenire dopo frane, allagamenti e così via: dall'assegnazione di incarichi tecnici alle spese vive (pensiamo ad esempio ai sorvoli in elicottero per rilevazioni e sopralluoghi), o a quelle legate a un maggior impiego di mezzi da parte delle realtà di soccorso che si traducono poi in maggiori trasferimenti (sempre soldi ben spesi, beninteso) ad esempio alla Cassa antincendi o alle realtà di volontariato, i cui componenti mettono a disposizione gratuitamente tempo ed energie ma a cui mica si può chiedere di mettere del proprio - ad esempio - per il gasolio dei mezzi impegnati negli interventi.
E, dal punto di vista delle risorse, il Trentino può ritenersi fortunato. Perché a livello nazionale il ministro titolare della Protezione civile Nello Musumeci martedì ha parlato chiaro: «Non ci sono più le risorse necessarie per un'emergenza che è diventata pressoché quotidiana. I cittadini devono pensare a tutelarsi con polizze individuali per tutelare i propri beni», perché «non possiamo pensare che lo Stato possa intervenire sempre e per tutti».E in provincia?
Lo abbiamo chiesto al presidente Maurizio Fugatti, che tra le deleghe che ha voluto trattenere per sé vede anche quella alla Protezione civile.
Presidente Fugatti, in Trentino la Provincia ce la fa ancora a intervenire sempre e per tutti?
«Noi abbiamo dalla nostra una lunga storia di pianificazione e di cultura della prevenzione. Certo, le cose sono cambiate anche qui. Gli eventi imprevedibili, e non è un caso che il primo pensiero vada alla Marmolada, sono sempre più frequenti».
E i soldi sempre meno?
«I soldi per affrontare le emergenze ci sono. Certo, l'invito del ministro Musumeci non è da sottovalutare. Privati cittadini e aziende fanno bene a pensare di tutelarsi privatamente, di fronte a questi scenari nuovi in cui la calamità naturale non è più una possibilità remota ma un rischio possibile. Poi da parte nostra cerchiamo sempre di fare la nostra parte ma il problema non è solo di soldi in quanto tali».
Di pianificazione?
«Certo, ad esempio. Pensiamo a quanto accaduto di recente, a Grigno o a Villazzano. In poche ore Comuni e Provincia si ritrovano con interventi a cui pensare che non erano previsti. È sempre più necessario accantonare risorse proprio per non doversi ritrovare poi gestire emergenze impreparati».
Altri effetti non direttamente finanziari?
«Pensiamo al personale, alle strutture della Provincia che devono curare aspetti importanti, penso alla progettazione e cura della rete stradale. E che nel caso di calamità devono impegnarsi su altri fronti più urgenti. La frana della Val di Ledro ha di fatto congelato l'attività progettuale del Servizio gestione strade, solo per fare un esempio recente. La straordinarietà costa in termini economici e di risorse umane, a scapito dell'ordinarietà ed è un elemento con cui chi amministra un territorio deve sempre di più fare i conti».