Dottorato in scienze aerospaziali: le storie dei giovani talenti all'Università di Trento
Il programma coordinato dal professor Roberto Battiston punta a formare le eccellenze del domani, con l'ateneo, Fbk, l'Agenzia spaziale italiana, ma anche con raccordi nazionali ed europei
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TRENTO. Grazie alla dimensione internazionale, arricchente sotto il profilo scientifico quanto culturale, il corso di Dottorato Nazionale in «Space Science and Technology» promosso dall’Università degli studi di Trento sta potenziando la lunga tradizione italiana nelle scienze e tecnologie spaziali.
Coordinato da Roberto Battiston, professore di Fisica sperimentale, il programma dottorale si pone l’obiettivo di formare giovani dottori di ricerca nel campo delle scienze, dell’ingegneria, della tecnologia e delle relazioni internazionali nel settore spaziale. Ad avvalorare l’acquisizione e lo sviluppo di conoscenze, capacità e competenze è la partnership con 27 realtà tra università ed enti di ricerca che garantisce un approccio esplorativo nella prospettiva di rafforzare i legami fra ricerca di base e applicata in tematiche ambientali prioritarie per la società. Si parla, ad esempio, della partecipazione dell’Agenzia Spaziale Italiana, della trentina Fondazione Bruno Kessler, passando per l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di Trento, il Consiglio Nazionale delle Ricerche, l’Istituto Nazionale di Astrofisica ma anche di accordi operativi con l’Agenzia Spaziale Europea e con l’Agenzia per le attività spaziali della Commissione Europea.
«L’Italia è all’avanguardia nel settore dell’alta formazione - ha evidenziato il prof. Battiston nell’editoriale di presentazione pubblicato il 18 giugno sulle pagine de l’Adige - l’interdisciplinarità e il sapere fare rete sono vitali, anche se non sempre facili da realizzare. Ogni dottorato nasce perché sostenuto dall’interesse di molte istituzioni sotto un unico coordinamento, a garanzia della qualità del processo di selezione e di gestione. Le ricerche si svolgono in tutte le sedi operative con supervisor locali». Dieci i dottorandi attualmente impegnati sul territorio trentino. L’attività dedicata all’argomento della tesi di dottorato, al 70% in inglese, viene svolta in un periodo triennale presso la sede che ha fornito la borsa di studio, usufruendo anche di periodi in altre collocazioni italiane (minimo sei mesi) ed estere (almeno sei mesi). Terminato il triennio, gli studenti potranno vantare nel proprio bagaglio personale una concreta esperienza con cui poter svolgere attività di ricerca in maniera autonoma, nonché la capacità di comunicare efficacemente i risultati e i metodi utilizzati a un pubblico dal respiro globale. Ma chi sono?
FRANCESCO MARZARI
Tra le giovani menti ora impegnate nello sviluppo di competenze grazie al dottorato in Scienze e tecnologie spaziali c’è anche il 27enne roveretano Francesco Marzari. Dopo il diploma classico al Rosmini di Rovereto, ha conseguito la laurea triennale e quella magistrale in Ingegneria spaziale al Politecnico di Milano. Nel capoluogo lombardo ha svolto un tirocinio presso OHB Italia (importante azienda del settore spaziale) e, terminata l’esperienza, ha partecipato al bando dell’Università di Trento, vincendo la borsa di studio «Instruments and mechatronics systems for space applications».
«Approfondisco gli aspetti ingegneristici legati a LISA (Laser Interferometer Space Antenna), il primo osservatorio spaziale di onde gravitazionali - spiega Marzari, citando la missione che l’Agenzia Spaziale Europea desidera avere a regime nel 2035 - LISA sarà costituito da tre satelliti uguali, posti ai vertici di un triangolo equilatero (di lato 2,5 milioni di km), in orbita intorno al Sole. Per rilevare un’onda gravitazionale, i laser a bordo dei satelliti misurano la distanza relativa di masse libere ospitate nel cuore dei satelliti stessi». Lavora con il gruppo di ricerca del prof. Daniele Bortoluzzi: all’interno del laboratorio di applicazioni spaziali del Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Trento si effettuano le analisi sperimentali sui sistemi meccatronici che dovranno operare in orbita. «I risultati dei test qualificano i sistemi e aiutano a costruire modelli matematici per la fase di progettazione affidata all’industria - prosegue il 27enne - questo, con il supporto dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) di Trento. La criticità è connubio tra le varie parti in causa: per il successo di una missione come LISA è il sistema meccatronico GPRM (Grabbing Positioning and Release Mechanism, Meccanismo di posizionamento e rilascio della presa) a permettere di avviare la fase scientifica. Esso rilascia in moto libero le masse di prova, in modo controllato. Le masse di prova infatti sono vincolate durante il lancio e devono essere inserite nella loro traiettoria, una volta raggiunta l’orbita desiderata». Focus della tesi è, sul piano ingegneristico, il GRS (Gravitational Reference System, Sistema di riferimento gravitazionale). «Il GRS controlla l’elemento sensibile della misura, cioè la massa di prova e comprende il suo meccanismo di riposizionamento e rilascio (il GPRM) - specifica Marzari - partecipare a un simile progetto è incredibile, dal punto di vista professionale quanto umano. L’approccio multidisciplinare mi affascina e stimola molto. LISA è un esempio eccellente della filiera spaziale italiana, frutto della collaborazione tra università, enti di ricerca e industria; riunisce una comunità internazionale, scientifica e tecnologica all’avanguardia. A chi desidera avvicinarsi a questi studi consiglio di continuare a domandarsi che cosa lo appassiona, così da poter imparare a lavorare in team e mettere sempre in pratica nuove conoscenze».
LEO CAVAZZINI
Forte del curriculum in Sensoristica e strumentazione spaziale Leo Cavazzini, 26enne di Ferrara, è uno dei dieci studenti impegnati in Trentino con il programma di dottorato in Space and Science Technology dell’Università di Trento. Diplomatosi all’indirizzo scientifico di Scienze applicate, Cavazzini ha conseguito la laurea triennale e quella magistrale in Fisica presso l’Università di Ferrara: ad accogliere gli intenti del suo lavoro tesistico «Space compliant LGAD sensors» è la Fondazione Bruno Kessler. «Mi occupo di ricerca e sviluppo applicato ai rivelatori di particelle costruiti di silicio - spiega il dottorando - ne esistono molti, di varia forma e dimensione, l’uno adatto più dell’altro a svolgere un preciso compito. L’obiettivo è quello di utilizzare al meglio le potenzialità di ciascun dispositivo (LGAD) e applicarle dove ancora non è stato fatto. Il beneficio che si trae offre numerose sfide di carattere tecnico, di volta in volta diverse». Materia centrale dei suoi studi è accertare la possibilità che questi detector di particelle possano essere usati a bordo di strumenti spaziali per la ricerca. «Analizzo le proprietà di questi oggetti con una serie di apposite apparecchiature - evidenzia Cavazzini - desidero capire se, cambiandone le dimensioni, la struttura interna oppure il drogaggio, si ottengano dei miglioramenti compatibili con le richieste sulla tecnologia ad uso spaziale. Non ritengo che porterà direttamente a tecnologie innovative, però sono convinto possa arrecare guadagno a una conoscenza più approfondita».
La medesima tecnologia dei rilevatori LGAD è analizzata persino in Fisica Medica e in Medicina Nucleare. «La Fondazione Bruno Kessler è un ambiente lavorativo eccezionale - aggiunge il 26enne - lavoro con il gruppo Custom Radiation Sensors (CRS), pieno di persone competenti in quanto a scienziati e mentori. Percepisco che stanno progressivamente cercando di trasmettermi quella conoscenza tecnica e scientifica posseduta da pochi, a livello europeo. Dall’altra, ne apprezzo l’approccio lavorativo fatto di collaborazioni con numerosi istituti italiani e non. Sembrerò venale, ma un grande pregio che questo dottorato possiede verte sui fondi destinati alla ricerca per ciascun dottorando. Sono nettamente maggiori rispetto a quelli riservati al dottorato in Fisica, cosa che garantisce maggior agio nei viaggi di conferenze e seminari in tutto il mondo. Questo, in combinazione con l’obbligo di soggiornare in un istituto estero per almeno sei mesi, offre tante occasioni di conoscenza e scambio. Da piccolo - confida - mi immaginavo un futuro immerso nello studio delle stelle e cose simili. L’ho ipotizzato fino alla laurea magistrale. Quando ho visto che per il dottorato non sarebbe più stato possibile, mi sono lanciato in una nuova ricerca seguendo la mia passione per la montagna. Così sono approdato a Trento, tra ai monti, e ho trovato un settore che mi dà soddisfazione».
SAMANTHA LUSA
«È la passione che aiuta a superare le inevitabili difficoltà del percorso». Originaria di Feltre, dove si è diplomata in Informatica e Telecomunicazioni (Itis Negrelli), la 25enne Samantha Lusa descrive così ciò che può spingere una giovane ricercatrice come lei verso il bando del dottorato nazionale in Space Science and Technology dell’Università di Trento. Munita di laurea triennale in Ingegneria dell’informazione e delle comunicazioni e di quella magistrale in Information and Communication Engineering conseguite nel capoluogo trentino, opera oggi nell’ambito di ricerca delle tecnologie wireless.
«Studio e sviluppo metodologie innovative per la progettazione di sistemi d’antenne avanzati atti a trasmettere energia - illustra la dottoranda - tra le varie applicazioni, una di particolare interesse in ottica di sostenibilità ambientale è la trasmissione verso la Terra di energia raccolta in orbita per mezzo di stazioni solari spaziali. Sono altresì di interesse sistemi di rice‐trasmissione wireless per la fornitura di energia in situazioni di emergenza, come i disastri naturali, dove le infrastrutture tradizionali potrebbero essere danneggiate». Il suo approfondimento tesistico «Modular Antenna Systems for Efficient Long-Range Wireless Power Transmission» prende vita nel gruppo di ricerca «Eledia» che afferisce al Dipartimento universitario di Ingegneria Civile, Ambientale e Meccanica di Trento.
«Opportunità che mi permette di acquisire nuove conoscenze e competenze in un ambiente stimolante e ricco di collaborazioni internazionali - sottolinea Lusa - il ruolo cruciale dei sistemi di antenne per la “wireless power transmission” (WPT) è consentire la trasmissione efficiente e sicura di energia senza l’uso di cavi. Lo studio verte sul posizionamento in orbita di stazioni solari in grado di raccogliere energia solare tramite pannelli fotovoltaici e di inviarla sulla Terra per mezzo di sistemi d’antenna». Fornire una fonte di energia costante per rispondere dunque alla crescente domanda energetica globale, riducendo però la dipendenza dai combustibili fossili. Si potrebbe inoltre portarla nelle aree colpite da disastri naturali, in ospedali da campo in zone di guerra e in infrastrutture dalla rete elettrica tradizionale compromessa. «Mi baso su teoremi matematici rigorosi, integrati con l’uso di tecniche di intelligenza artificiale - aggiunge - l’idea è che l’antenna trasmittente sia in grado di concentrare la trasmissione di energia in una porzione di spazio così da coprire solamente l’apertura dell’antenna ricevente e massimizzare la quantità di energia trasferita. Comunque, questo dottorato apre diverse possibilità di carriera stimolanti e gratificanti, sia in ambito accademico che industriale. A chi desidera una simile strada consiglio di scegliere un campo che li appassioni. Partecipare a meeting scientifici ed entrare in contatto con numerosi studenti e ricercatori è fondamentale».