Corte Ue: le autorità locali non possono consentire la caccia dei lupi
Il predatore non può essere designato come specie cacciabile a livello regionale quando il suo stato di conservazione a livello nazionale è insoddisfacente. Bocciate le disposizioni del Land Tirolo per un abbattimento e quelle della regione autonoma spagnola Castiglia e Lèon per 339 uccisioni. Legambiente: un monito anche in Italia per combattere gestioni dei grandi carnivori basate sulla paura e politiche negazioniste contrarie alla biodiversità
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TRENTO. Il lupo non può essere designato come specie cacciabile a livello regionale quando il suo stato di conservazione a livello nazionale è insoddisfacente e in con contesto mirato alla salvaguardia, protezione e miglioramento della qualità ecologica.
Lo afferma la Corte di giustizia dell'Unione europea, pronunciandosi su un ricorso avviato in Spagna dall'Associazione per la conservazione e lo studio del lupo iberico.
Ciò vale anche nel caso in cui esso non benefici di una rigorosa tutela nella regione di cui trattasi conformemente alla direttiva Habitat, poiché le misure di gestione delle specie, come la caccia, devono in ogni caso essere dirette al mantenimento o al ripristino di tali specie in uno stato di conservazione soddisfacente.
No, dunque, alla intenzione della regione autonoma di Castiglia e Lèon che aveva autorizzato l'abbattimento, affidato ai cacciatori, di 339 lupi iberici.
Venti giorni fa la stessa Corte Ue aveva stabilito che il divieto di caccia al lupo in Austria è valido. Una deroga a tale divieto volta a prevenire danni economici può essere concessa solo se la popolazione di lupi si trova in uno stato di conservazione soddisfacente, il che non avviene in Austria.
In quel caso la causa era stata sollevata da diverse organizzazioni per la protezione degli animali e dell'ambiente che avevano contestato l'autorizzazione temporanea dell'abbattimento di un lupo concessa dal governo del Land Tirolo, perché aveva già ucciso una ventina di pecore al pascolo.
Secondo la direttiva Habitat, i lupi sono strettamente protetti. Pertanto, in linea di principio, è vietato cacciarli. Tuttavia, dato lo sviluppo della popolazione di lupi in Austria e il fatto che alcuni Stati membri beneficiano di eccezioni, il Tribunale amministrativo regionale del Tirolo ha dubitato della validità di questo divieto rimettendo la questione alla Corte di giustizia.
Il giudice europeo ha constatato che l'esame non ha rivelato alcun elemento che possa inficiare la validità della tutela dei lupi in Austria.
La Corte ha quindi chiarito le condizioni che devono essere garantite per poter concedere una deroga al divieto di caccia al lupo per prevenire gravi danni, ad esempio all'allevamento. La popolazione di lupi deve trovarsi in uno stato di conservazione soddisfacente sia a livello locale che a livello nazionale, ipotesi che secondo i giudici non ricorre nel caso specifico.
La deroga inoltre non deve pregiudicare il mantenimento dello stato di conservazione soddisfacente per nessuno dei tre livelli (locale, nazionale e transfrontaliero). I danni gravi devono, almeno in gran parte, essere imputabili all'esemplare considerato ed è necessario che non esista nessun'altra soluzione valida.
Stefano Raimondi, responsabile nazionale biodiversità di Legambiente, commenta: "Con la sentenza della Corte di Giustizia dell'Ue viene stabilito il no alla caccia del lupo a fronte di uno stato di conservazione insoddisfacente a livello nazionale, fissandosi quale priorità assoluta la tutela della biodiversità, di specie e di habitat di interesse comunitario.
La decisione della Corte Ue vale anche nel caso la specie selvatica non benefici di una rigorosa tutela nella regione perché, in conformità a quanto viene stabilito nella direttiva Habitat, le misure di gestione del lupo, tra cui la caccia, devono in ogni caso rispettare il più importante principio del mantenimento o del ripristino della specie in uno stato di conservazione soddisfacente.
Questi fondamentali obiettivi li ritroviamo anche nella strategia dell'Ue sulla biodiversità per il 2030, in cui si parla di mantenimento e di ripristino della biodiversità e di ecosistemi sani per contribuire a rafforzare la nostra resilienza ai cambiamenti climatici e contrastare i fattori che determinano la perdita di diversità biologica.
In definitiva con questa sentenza, la Corte di Giustizia dell'Ue lancia un monito che è necessario cogliere anche qui in Italia, in particolare da parte di chi promuove politiche negazioniste e assolutamente contrarie alla tutela della biodiversità.
E anche per combattere una gestione delle specie selvatiche e dei grandi carnivori che, basandosi sulla paura, fomenta la pratica del bracconaggio, un fenomeno da cui dipende oltre il 20% della loro mortalità.
La Corte Ue ci ricorda invece che la direttiva Habitat è stata adottata proprio per arrivare alla completa salvaguardia, protezione, e quindi al miglioramento della qualità dell'ambiente, dove la biodiversità, la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche, costituiscono le colonne portanti", conclude Legambiente.