Servono nuove Rsa? Tonina dice no: «Non è la risposta. E poi, con quale personale funzionerebbero?»
Oltre 1200 trentini in lista di attesa. L’assessore chiude alle proposte di Upipa e Comune di Trento: «Bisogna invece lavorare sull’invecchiamento attivo»
UPIPA Pochi posti adesso, occorre prepararsi per il futuro
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TRENTO. Due sono le cose su cui insiste l'assessore provinciale alla Salute in merito alla gestione degli anziani: il calo demografico e l'invecchiamento della popolazione. Ma quello che non intende fare è aumentare il numero di case di riposo senza una strategia. Prima vuole avere chiara la situazione per capire come intervenire. Anche perché nuove case di riposo significherebbe avere personale medico e infermieristico e, semplicemente, questo non c'è.
Quindi ha in mente un grande progetto per gestire gli anziani autosufficienti e rendere attiva la vecchiaia per avere un impatto minore sulle risorse e sulle strutture. Progetti che saranno affrontati già giovedì in un incontro programmatico che l'assessore ha con i presidenti delle comunità di valle. Poi incontrerà anche la presidente di Upipa, Michela Chiogna».
Assessore, ha visto, il tema è caldo. Ora c'è anche la proposta di sistemare l'Hotel Panorama a Sardagna come futura Rsa…
«Tema molto complesso e quindi non voglio parlare di Sardagna, nel caso dovremo discuterne in giunta provinciale, ma il problema è che ci sono anche altre zone che reclamano nuove Rsa. Che facciamo rincorriamo senza un quadro preciso?»
Insomma, su Sardagna ha qualche dubbio. Vuole un intervento più generale…
«Sì. Anche alla presidente Chiogna ho detto che voglio lavorare su una prospettiva di medio e lungo termine sui problemi. Ho toccato con mano i problemi in tutte le Rsa dove sono stato. Voglio affrontare con Upipa e Spes i problemi per avere una visione di futuro e di prospettiva».
In che modo?
«Ci sono due temi di cui la politica deve farsi carico: il calo delle nascite e l'invecchiamento. Il dato statistico ci dice che nei prossimi venti o trent'anni aumenteranno gli anziani. Ho creato un gruppo di lavoro tecnico del mio dipartimento e dell'Azienda sanitaria per affrontare i problemi. Innanzitutto il trend dei residenti nelle case di riposo. In termini di problematiche e di durata della permanenza, devo capire l'incidenza economica. Abbiamo i numeri più alti d'Italia, insieme all'Alto Adige, per i posti convenzionati. Dobbiamo dare risposte omogenee sul territorio. La Val di Non ha solo tre case di riposo e ora chiede più posti. Solo con un lavoro di analisi potremo capire le necessità di fronte a un futuro che avrà queste necessità. Sono sincero: è vero che il 70 per cento delle persone hanno problemi importanti, ma dovremo lavorare sugli anziani autosufficienti».
Quindi, in che modo?
«Con l'invecchiamento attivo. Voglio iniziare un ragionamento con i presidenti delle Comunità di valle, che stanno già garantendo i servizi a domicilio, ma dovranno essere maggiormente intensificati. Una persona autosufficiente è giusto che rimanga nelle propria abitazione. Certo servono centri diurni, maggiori di quelli che abbiamo, per socializzare. Poi penso alle case di comunità, con personale qualificato che ci permetterà di tenere in considerazione i bisogni di queste persone. Lavoriamo quindi nella direzione d prossimità che è un po' il nuovo spirito della medicina territoriale, evitando gli spopolamenti. Poi dobbiamo pensare ai costi che abbiamo oggi».
E c'è la carenze di personale…
«Se io disponessi di risorse per fare nuove Rsa... Ma oggi abbiamo già grandi difficoltà a trovare infermieri e Oss. Se non c'è personale con chi facciamo funzionare le nuove Rsa? Allora dobbiamo lavorare sulla prevenzione, come invecchiamento attivo, che passa anche attraverso gli stili di vita. Poi dobbiamo pensare a come utilizzare la previdenza integrativa per i futuri anziani, prepararci al futuro. Sono temi che ho inserito nella strategia provinciale, li ho voluti condividere con la Consulta della salute, con la Consulta delle politiche sociali, con i sindacati, la cooperazione, perché su questi temi ci giocheremo il futuro. Non voglio sminuire il lavoro delle Rsa, ma oltre un certo numero non riusciremo ad andare, perché diversamente aumenterebbe la spesa corrente. Dobbiamo dimostrare che la sensibilità di una Provincia autonoma su questi temi c'è, anche per senso di responsabilità nei confronti di queste persone a cui dobbiamo restituire quello che ci hanno dato, sono le persone che hanno costruito il Trentino, grazie alla loro dedizione e passione».
Parlando di personale, c'è anche il tema della loro soddisfazione...
«Certo. Abbiamo trovato risorse nell'assestamento di bilancio, trovando 3 milioni per equiparare gli stipendi a chi lavora in ospedale, perché queste persone lavorano con grande passione. In tempi di Covid hanno visto morire persone. Nella scorsa legislatura l'assessore Segnana è stata impegnata sul Covid, ha aiutato le case di riposo, cosa che non è stata fatta nelle altre regioni. L'altro tema, su cui bisogna lavorare sono le liste al pronto soccorso».
Le liste d'attesa sono lunghe…
«Già, ma si stanno riducendo. Dovremo comunque intervenire. L'ho già detto ai medici di base. In Danimarca se non passi dal medico di famiglia al pronto soccorso non ci vai. Il 75 per cento delle presenze al pronto soccorso sono codici bianchi e verdi. Restano ore in attesa non perché il personale non vuole prenderli in considerazione, ma c'è chi se ne approfitta. Bisognerà mettere dei paletti».