Montagna / Intervista

Padrin (Belluno), diga del Vanoi un errore e va fermata: "So di cosa si parla quando si cita il Vajont"

Il presidente della Provincia e sindaco di Longarone spiega la netta contrarietà all'iniziativa fra Trentino e Bellunese del consorzio di bonifica padovano Brenta. E su Roma avvisa: non è sufficiente uno stop per mancanza di finanziamenti, serve un no con convinzione, nel merito. In pianura per l'irrigazione devono attrezzarsi tecnologicamente e adeguando le colture

MINISTERO Mancano i soldi per diga e invaso del Vanoi
TRENTINO Il "dibattito pubblico" è stato un coro di no

di Fabrizio Franchi

TRENTO. Roberto Padrin è il presidente della Provincia di Belluno ed è uno degli oppositori più duri del progetto della diga sul Vanoi. Lo ha detto, ripetuto, scritto, dichiarato. Non solo: ha fatto anche votare il suo consiglio provinciale, all'unanimità, contro la diga, per ben due volte. Un consiglio peraltro particolare perché a differenza di altre assemblee istituzionali non è eletto da tutti i cittadini ma, con delle medie ponderate, sono eletti i sindaci e i consiglieri comunali.

Presidente Padrin perché è contrario alla diga del Vanoi?

«Abbiamo manifestata da subito la contrarietà al progetto, ho proposto altre soluzioni al posto di un invaso che per noi non è accettabile. La nostra provincia ha già pagato abbastanza».

Si riferisce al disastro del Vajont che causò la morte di quasi 2 mila persone? E' uno degli argomenti sul tavolo tra chi si batte contro l'ipotesi del Vanoi...

«Ci vuole cautela quando parliamo del Vajont. Guardate, io sono sindaco di Longarone, so di che cosa si parla. Ma se dopo 60 anni ancora non abbiamo imparato la lezione, vuole dire che non abbiamo capito molto della fragilità della montagna, in un momento in cui i cambiamenti climatici comportano ulteriori rischi e difficoltà. Noi siamo contrari al progetto e faremo di tutto perché non venga mai realizzato. Non serve creare opere faraoniche e irrispettose degli ecosistemi e delle popolazioni che li abitano per realizzare gli obiettivi di conservazione dell’acqua. La Provincia di Belluno propone almeno due linee di intervento: da una parte l’ammodernamento delle opere irrigue, ancora troppo spesso basate su sistemi a scorrimento, con grande spreco della risorsa idrica; dall’altra la riconversione delle colture in base alle mutate condizioni climatiche. Perché non è solo la carenza d’acqua a incidere ma ci sono anche l’aumento delle temperature che arroventano i terreni e l’evaporazione. Non solo in pianura, ma ormai anche in montagna».

Ieri è però arrivata la nota del ministero dell’agricoltura che di fatto ferma tutto perché non ci sono i soldi. La rincuora questa cosa?

«Diciamo di sì, ma non ho ancora visto la lettera. Comunque il problema non è risolto. Va risolto in tutti i sensi, non per mancanza di soldi. Serve la convinzione che non si farà».

Lei ha parlato con il presidente della Regione Veneto Zaia, ha spiegato le sue ragioni?

«Zaia ne è al corrente. Ho parlato anche con il presidente trentino Maurizio Fugatti, e con lui abbiamo condiviso la linea che è uguale. Mi auguro quindi che la Regione Veneto si possa esprimere con chiarezza».

Ma lei è d'accordo con la Provincia di Trento che minaccia le vie legali pur di fermare questa opera?

«Con Fugatti ci dovremmo incontrare a breve per discutere su questi temi e sarà l'occasione per capire come fare. Mi ha confermato la posizione espressa dalla sua giunta qualche giorno fa. In questo momento, oltre agli atti ufficiali già prodotti dalla mia e dalla sua amministrazione, è importante fare asse tra territori per esprimere una posizione unica e unita».

E con il Consorzio di bonifica del Brenta, ispiratore del progetto che vuole l'invaso per fare fronte ai periodi di siccità? Perché insistono in questa direzione?

«Le loro ragioni non mi convincono. Pianura e montagna devono dialogare insieme, ma nessuno deve mettere in difficoltà l'altra, vanno invece individuate le problematiche e risolverle. Quello che però non capiamo è se è stato calcolato il fabbisogno idrico. Abbiamo fatto in subordine una proposta di un invaso da 20 milioni di metri cubi. Chi ci dice che con il nuovo invaso non possano essere ottenuti semplicemente con un uso diverso, più oculato, della risorsa idrica?»

Ma il progetto si può fermare, si può dialogare ancora?

«Da parte mia c'è sempre la disponibilità a parlarne ma non cambierò idea. Abbiamo due delibere di consiglio provinciale, votate all'unanimità, di contrarietà al progetto. Questa è una questione con una sua peculiarità. Dico solo che gli errori del passato li dobbiamo imparare per non rifarli».

Zaia ora fa dietrofront, ma tempo fa disse che la questione Vanoi è diversa dal Vajont perché qui non c'è un allarme frana. Che ne pensa?

«Noi non possiamo permetterci di rischiare nulla, questa è una responsabilità che hanno le istituzioni, avallate dai tecnici».

Anche Zaia dice di dare la parola ai tecnici. Voi avete una perizia sui pericoli idrogeologici?

«Abbiamo raccolto informazioni che ci confermano nelle nostre convinzioni».

Avete fatto dichiarazioni molto scettiche sul dibattito pubblico. Dopo l'assemblea di Canal San Bovo parteciperete ad altri incontri?

«Ci riserviamo di farlo, nemmeno siamo stati interpellati ufficialmente».

 

comments powered by Disqus