Inchiesta sui tamponi covid falsi: tre clienti patteggiano cinque mesi
Prime pene nella vicenda giudiziaria del centro autorizzato di Pergine, che in tutto coinvolge 92 persone, la maggior parte imputati a vario titolo per concorso in corruzione e di falso in atto pubblico. Tra questi tre dipendenti pubblici che davanti al giudice dell'udienza preliminare Enrico Borrelli hanno patteggiato, con pena sospesa
ACCUSATI Quasi tutti risarciscono: i clienti pagano mille euro a testa
IL CASO Green pass facili, clienti anche da fuori provincia
INCHIESTA Test covid, denunciato a Pergine un infermiere
INDAGINI Ecco come si falsificavano i tamponi covid
TRENTO - Arrivano i primi tre patteggiamenti nella vicenda giudiziaria sui tamponi falsi del centro autorizzato di Pergine, aperto dall'infermiere Gabrielle Macinati - con il sostegno dalla moglie Debora Angeli e i tre collaboratori Jasmine Sevignani, Massimo Calzà e Silvia Zogmeister, anche loro coinvolti nell'indagine - durante l'emergenza sanitaria.
Nell'inchiesta aperta dal pubblico ministero Davide Ognibene erano finiti ben 92 nomi, la maggior parte imputati a vario titolo per concorso in corruzione e di falso in atto pubblico.
Tra questi anche tre dipendenti pubblici che nei giorni scorsi in aula davanti al giudice dell'udienza preliminare Enrico Borrelli hanno patteggiato 5 mesi e 10 giorni, pena sospesa.
Stando alle ricostruzioni della procura del capoluogo i tre si sarebbero rivolti al centro per ottenere il cosiddetto green pass, certificando quindi esiti falsi o risultati di tamponi Covid mai eseguiti che venivano inseriti direttamente nella piattaforma informatica sanitaria nazionale.
Nonostante la maggioranza degli 87 clienti avessero versato mille euro a testa, come risarcimento nei confronti dell'Azienda sanitaria - che dopo essersi costituita parte civile aveva chiesto una somma pari a 107 mila euro in totale - a tirarsi indietro erano stati i dipendenti nel pubblico.
Prima di arrivare al patteggiamento, sui tre pendeva un decreto penale di condanna pari a 3.800 euro di multa ciascuno, al quale loro si erano opposti. Tuttavia il procedimento non si può dire ancora concluso.
Anzi. Nel centro tamponi della Valsugana, gestito da Macinati - che dovrà rispondere insieme a moglie e dipendenti di associazione a delinquere - venivano eseguiti fino a 600 test al giorno, grazie ad un'autorizzazione rilasciata dall'Apss in mesi in cui era necessario effettuare un gran numero di tamponi, soprattutto chi non aveva voluto sottoporsi a vaccino.
Il 21 gennaio 2022, pochi giorni dopo l'inaugurazione della seconda sede a Trento, i centri dell'infermiere erano stati definitivamente chiusi dai carabinieri. Marito e moglie, e i loro dipendenti hanno dovuto versare complessivamente 20 mila euro (4 mila euro a testa). F. C.