Politica / Giustizia

Affari e politica, l'analisi di Roberto Pinter: «se persino Grisenti e Malossini, condannati, sono ancora in giro...»

L’ex vicepresidente della giunta è amaro: «Esiste ancora una “questione morale”? Sì, ma perché non riusciamo più ad essere indignati?»

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TRENTO. E’ una amara riflessione, ma anche una lucida analisi, quella che Roberto Pinter affida al suo profilo Facebook. Una analisi che non risparmia i “mea culpa” ma riflette anche lo sconcerto per il ripetersi delle cose.

«La prima domanda da porsi è: perché non siamo sorpresi? Perché non siamo nemmeno indignati? Perché si sa che questo è il sistema e o siamo indifferenti o lo accettiamo?
Erano gli anni 80 quando DP-Solidarietà, molto prima di Tangentopoli, pubblicò alcuni libri sull’intreccio in Trentino tra affari e politica. Una denuncia che provava a cogliere quello che era un sistema che legava potere economico e potere politico. Quarant’anni dopo il sistema sarà anche cambiato, passando dalla regia di un partito a quella di singoli protagonisti, ma la cultura di fondo non è cambiata. Le tangenti ci sono ancora, lo scambio di favori pure e coinvolti sono ancora imprenditori, politici, amministratori, pubblici funzionari e perfino dipendenti delle forze dell’ordine e del sistema giudiziario.
Quindi alla domanda c’è una questione morale? Si c’è e c’è sempre stata.
Ora, al netto della vicenda giudiziaria che si concluderà con condanne e con assoluzioni, pur comprendendo le ragioni del garantismo, quello che emerge dalla inchiesta è sufficiente per stabilire che siamo messi male, come sistema pubblico, come sistema economico, come politica e come cultura diffusa.
C’è stato un salto di qualità, passando dal sistema dei partiti che traevano profitto dalla gestione pubblica (vedi A22) ad una realtà di diffusa corruzione che è imputabile ai singoli protagonisti, semplificando si è passati dal controllo della politica sull’economia al controllo della economia sulla politica. Dall’indagine emerge infatti che sono gli imprenditori alla caccia di profitti che corrompono pubblici ufficiali e pubblici amministratori, più che viceversa, e il sistema è probabilmente più diffuso di quanto si pensi visto che le indagini giudiziarie sono limitate.
Ho però una domanda scomoda: perché chi è stato definitivamente condannato può continuare la sua carriera politica, vedi Malossini e Grisenti? Perché gli elettori premiano banditi come Trump o un sistema , vedi in Liguria, la cui corruzione è stata accertata? Perché tanto sono tutti uguali e il coinvolgimento nella indagine in Trentino di esponenti di schieramenti opposti lo confermerebbe, o perché è un sistema accettato, almeno dalla maggioranza della minoranza di chi vota ancora, e da chi al bisogno, per interessi legittimi o per ottenere favori, avrà così interlocutori cui rivolgersi? Non pongo la domanda per scaricare sui cittadini la responsabilità di un sistema che nasce con la privatizzazione del bene pubblico e prosegue con l’intreccio tra affari e politica e che quindi vede come responsabili i soggetti economici capaci di comperarsi la politica e i soggetti politici incapaci di assicurare la prevalenza dell’interesse pubblico rispetto a quello privato.
Ma la gerarchia delle responsabilità non evita il coinvolgimento ,come emerge dall’indagine, dei piccoli pesci e di tanti, troppi, comuni cittadini nelle loro vesti di dipendenti pubblici o di imprenditori/dipendenti privati.
Allora è dura immaginare un azione di bonifica, perché accertare le responsabilità individuali non ci garantisce che cambierà il sistema. Già si registrano i distinguo e quindi già si rivendica la mancanza di responsabilità quando invece la responsabilità c’è tutta.
Ad esempio: se una sindaca vince le elezioni contro un sindaco del PD, grazie al sostegno interessato di un imprenditore che il giorno dopo si siede al tavolo per ottenere quello che il sindaco del PD non gli ha concesso, ma accompagnato da un ex sindaco del PD e da un ex senatore della Margherita, a quali conclusioni dobbiamo arrivare?
Tutta una magnadora? o invece precisissime responsabilità individuali accompagnate però da una carenza di controllo politico che assicuri trasparenza ed eviti la prevalenza di interessi privati?
La disinvoltura è perfetta descrizione di una leggerezza di rapporti, di una arroganza nell’esercizio di potere o di influenze, che anche se non sfocia in reati è comunque indice di una sorta di amoralità e della incapacità di cogliere il bisogno di un rigore etico di cui avremo tutti bisogno.
Si può cambiare? Non credo ci sia un vaccino , o semmai andrebbe ricercato laddove si è deciso di privatizzare il bene pubblico.
Difficile andare oltre i soliti annunci, visto che la politica non è più un bene comune e condiviso, ma visto che l’onestà per molti rimane un valore, proviamo a chiederci cosa possiamo fare per evitare che si ripetano alcune situazioni:
quando il cittadino invece che continuare a bussare alla porta della pubblica amministrazione decide di entrare dalla finestra;
quando un pubblico ufficiale si dimentica di esserlo e accetta di chiudere uno o due occhi; quando un pubblico amministratore assicura canali preferenziali stabilendo che ci sono cittadini di serie A e cittadini di serie B; quando ci sono imprenditori che invece di rispettare o pretendere regole trasparenti, ricercano privilegi, rapporti esclusivi e monopoli; quando i politici ricercano il consenso con ogni mezzo, o il sostegno con la concessione di favori, o con la nomina degli incompetenti amici degli amici, o, ed è solo un esempio, togliendo il limite dei mandati ai sindaci.
Compito immane, già, ma a che altro serve la politica se non a questo?»

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