Cinque ore su una barella per una visita oculistica di sei minuti
La vicenda di una donna di 84 anni, disabile, per i trasferimenti dalla rsa di Arco all'ospedale Santa Maria del Carmine di Rovereto, con una fermata in più anche alla Solatrix
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ARCO. Una giornata da dimenticare. E per una volta c'è da sperare che il «decadimento cognitivo» di cui la paziente soffre la aiuti a non ricordare quel che ha vissuto tra Arco e Rovereto. Cinque ore di attesa, trasferimenti, dolore, per sottoporsi ad una visita oculistica durata in tutto sei minuti.
Di disservizi simili ci siamo occupati più di una volta in passato, ma non è sempre facile avere conferme di orari, appuntamenti, disagi vissuti dagli utenti (o dai familiari) che li segnalano. Questa volta invece le informazioni essenziali ci sono tutte.
Una donna di 84 anni, rivana ma ospite da tempo della Fondazione Comunità di Arco, si è dovuta sottoporre ad una visita oculistica programmata da tempo. E proprio perché di questo si tratta la gestione della sua mattinata è stata presa in carico dalla Centrale che si occupa dei trasferimenti programmati in Trentino.
L'anziana doveva essere all'ospedale di Rovereto alle 8.40, ma con brevissimo preavviso la Rsa chiede ai familiari di anticipare la loro presenza in ospedale su richiesta dell'Azienda sanitaria. Così il figlio già alle 8.20 è di fronte all'ambulatorio per assistere l'anziana madre (non vedente) ma non la trova. La donna non solo non arriva in ospedale con l'anticipo richiesto e segnalato, vi giunge pure in ritardo di 30 minuti rispetto all'orario originario.
Così alle 9.10 inizia una visita oculistica che si conclude alle 9.16. La gentile infermiera dell'ambulatorio, accogliendo la paziente, chiede ai volontari che si occupano del trasporto di avere pazienza perché in tutto «sarà cosa di dieci minuti» (alla fine meno). Ma all'uscita della visita non c'è più nessuno nel corridoio.
Iniziano così due ore davvero brutte per la povera signora. Dall'ambulatorio per tre volte telefonano alla Centrale dei trasporti programmati chiedendo prima e sollecitando poi il recupero dell'anziana e il suo ritorno alla Rsa di Arco. Anche perché la 84enne non sta bene. È colta da fitte dolorose agli arti e all'anca che si ripetono ogni due, tre minuti. E trascorrere ore così diventa davvero ingiusto.
Altri equipaggi delle ambulanze transitano nei corridoi recuperando altri pazienti (sia in sedia a rotelle sia in barella) ma non la signora rivana. La famiglia resta in contatto telefonico con il centralino e con l'infermeria della Rsa, ma da Arco non possono far nulla, se non attendere il ritorno della donna. In quelle due ore più volte il personale sanitario dei poliambulatori si ferma per sincerarsi della situazione, ma nessuno può far nulla per accelerare i tempi.
Finalmente attorno alle 11.20 dalla Busa arriva un altro equipaggio di volontari che la Centrale ha inviato a riprendere la donna per riportarla da dove era partita alle 7.50 del mattino.
I volontari cercano anche di assisterla contenendo i suoi dolori, probabilmente dovuti alle troppe ore trascorse su quella brandina. Alle 11.30 l'anziana esce finalmente dal Santa Maria del Carmine.
Ma per lei, in realtà, non è finita. Non viene riportata subito ad Arco, prima c'è da recuperare un altro paziente alla «Solatrix», clinica privata sempre a Rovereto. Solo attorno alle 12.30, finalmente, la donna ritrova la sua stanza, il suo personale e un minimo di normalità in Rsa.
Tra gli operatori coinvolti nel trasporto e nella visita nessuno si è tirato indietro o ha mancato in qualcosa. Sembra piuttosto un "sistema" non pensato a misura di "grandi vecchi" con forti disabilità. Perché non è stato possibile fare la stessa visita a Riva? Perché a fronte di un tempo stimato di pochi minuti l'ambulanza è stata subito dirottata su un altro trasporto? Perché a 84 anni e senza poter vedere o capire nulla di quanto ti accade intorno, devi soffrire quasi cinque ore su una barella per una visita di sei minuti?