La protesta: «Il nuovo codice della strada penalizza chi sta male, non ci siamo»
La protesta dell'associazione Chacruna che dal 2021 promuove in Trentino la conoscenza per fini salutistici dei prodotti che derivano da cannabis ed è la titolare dell'omonimo punto vendita a Trento: «In tutto il mondo i farmaci derivati dalla cannabis sono sdoganati»
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TRENTO. «Il nuovo Codice della Strada che prevede il processo penale e il ritiro della patente fino a tre anni per chi si mette alla guida positivo al thc e non in stato di alterazione, rappresenta un attacco deliberato alla libertà dei cittadini e soprattutto di chi usa i cannabinoidi per alleviare le sofferenze causate da patologie croniche».
Cristina Anedda è la fondatrice dell'Associazione Chacruna che dal 2021 promuove in Trentino la conoscenza per fini salutistici dei prodotti che derivano da cannabis ed è la titolare dell'omonimo punto vendita a Trento.
«L'associazione è composta da 130 soci, alcuni sono consumatori mentre altri sono sostenitori del nostro approccio, - ha spiegato Cristina - Sono cinquecento le persone che si rivolgono a noi e assumono i preparati a base di cannabidiolo (cbd)». È la cannabis light, priva di effetti psicoattivi, che tuttavia lascia "positivi" al tetraidrocannabinolo, il thc, presente in una misura minore del 0, 2%.
«Si tratta soprattutto di persone dai quaranta ai settant'anni, - sottolinea Cristina - In Trentino i consumatori che si rivolgono ai diversi punti vendita o alle farmacie sono almeno un migliaio. Il punto vendita è il passaggio finale di una filiera che comprende una ventina di aziende agricole in Trentino, un centinaio in regione». Una filiera che rischia di essere spazzata via dalla manovra a tenaglia del governo: da un lato cerca di inserire il cbd tra gli stupefacenti, dall'altra introduce attraverso il Codice della Strada il divieto di risultare positivi al thc senza il vincolo dello stato di alterazione. Inoltre non si indicano deroghe per chi ne fa uso per ragioni mediche, nonostante il ministro Salvini parli di una presunta "esenzione" che al momento non c'è.
«Prima fanno una legge e dopo cercano di capire come attuarla, - evidenzia Cristina - Salvini ora "rettifica" le storture della legge con proclami pronunciati su Instagram. Ma se ti fermano per un controllo e risulti positivo, non puoi far vedere il video di Salvini all'agente di polizia. Il procedimento penale e la revoca della patente partono a prescindere dalle uscite social di Salvini».
A farne le spese sono i tanti che assumono preparati della canapa per ragioni di gravi condizioni croniche: si va dalla sclerosi multipla, al dolore cronico, all'ansia e l'insonnia. «Per molte persone, i preparati della canapa hanno rappresentato una soluzione positiva al proprio dolore, - sottolinea Cristina - Una soluzione priva di significativi effetti collaterali, fatta eccezione per chi decide di fumare le infiorescenze, dato che fumare fa sempre male». Cristina ha spiegato qual è l'approccio verso la persona che chiede consigli: «Quello che si propone in un primo momento è il prodotto da banco a base di cbd. Un nostro medico di fiducia può poi prescrivere prodotti farmaceutici tramite ricetta bianca. La stessa prescrizione può essere erogata anche dai medici di base. In alcuni casi, pochissimi numericamente, è l'Azienda sanitaria che prescrive tramite ricetta rossa farmaci cannabinoidi».
Ma la prescrizione medica non mette al riparo dalle sanzioni del nuovo Codice della Strada, che avendo eliminato la necessità dello stato di alterazione, individua nella mera positività al thc la ragione per far scattare processo e sanzioni: ma privare una persona del tutto lucida della propria patente equivale ad una condanna terribile, un crudele accanimento.
Cristina riflette su quale consiglio dare alle persone che si trovano di fronte alla scelta impossibile tra curarsi o guidare: «Consiglio di non farsi prendere dalla paura. Devono sapere di non essere soli, esistono associazioni che sostengono il diritto di portare avanti queste cure. Le associazioni dei malati stanno già attivando la possibilità di una class-action per danni fisici e morali. Siamo di fronte al colpo di coda di un dinosauro morente: in tutto il mondo i prodotti e i farmaci che derivano dalla cannabis sono sempre più sdoganati. Perfino negli Stati Uniti, culla del proibizionismo, questa consapevolezza sta prendendo piede. Anche la comunità scientifica è sempre più concorde: ci sono oltre 10mila ricerche, pubblicate su Pubmed e liberamente consultabili, che confermano la sicurezza di questi prodotti».