Giustizia / Il caso

Peruviana perseguitava la connazionale: condannata per estorsione e stalking

La vittima, una trentenne appena arrivata dal Perù, si appoggiò all’imputata chiedendo un prestito di 28mila euro. Ottenne il denaro e iniziò a versare a rate gli importi a titolo di saldo, ma gli interessi richiesti continuavano a salire. Complessivamente restituì la somma capitale 34.900 euro. Secondo l’accusa, l’imputata avrebbe applicato tassi di interesse pari al 30%

TRENTO. Non è bastato il divieto di avvicinamento, ma è stata necessaria la misura degli arresti domiciliari per “fermare” una donna nata in Perù accusata di usura, estorsione, lesioni e stalking nei confronti di una sua connazionale che lavora nell’ambito dell’assistenza alle persone. Per l’imputata è arrivata pure la condanna: 2 anni e 4 mesi in abbreviato, a fronte della richiesta della pm Patrizia Foiera di 4 anni e 6 mesi. La vicenda che ha portato al processo fa riferimento al periodo luglio 2020 -ottobre 2022.

La vittima, una trentenne appena arrivata dal Perù, per ambientarsi fece riferimento alla comunità di connazionali residenti in provincia e, in particolare, si appoggiò all’imputata chiedendo un prestito di 28mila euro. Ottenne il denaro e, come da accordi, iniziò a versare a rate gli importi a titolo di saldo, ma gli interessi richiesti continuavano a salire. Complessivamente restituì la somma capitale 34.900 euro.

Secondo l’accusa, l’imputata avrebbe applicato tassi di interesse pari al 30%. Ma non ci fu solo usura: l’imputata, difesa dall’avvocato Michele Busetti, è finita davanti al giudice per atti persecutori e per aver aggredito la vittima (la colpì al viso e al collo mandandola al pronto soccorso, le fece il gesto di tagliarle la gola, una volta la aspettò sotto casa e, violando il divieto di avvicinamento, la affrontò in centro città).

L’imputata si era difesa spiegando di aver solamente dato una mano alla connazionale, mentre la vittima, assistita dall’avvocata Erica Vicentini, ha dimostrato anche attraverso un certificato medico che soffriva di un forte stato di ansia per le pressioni di subiva, per i numerosi messaggi e contatti telefonici, per le offese e le minacce ricevute.

Il gup Gianmarco Giua ha condannato l’imputata, disponendo la confisca di 9.900 euro (pari al calcolo degli interessi e dei vantaggi ottenuti attraverso la condotta contestata) e un risarcimento di 20mila euro alla vittima, che aveva avanzato la richiesta di 50mila euro.

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