Trento / Il caso

La poliziotta aggredita dagli ultras: «Sono distrutta, non verrò in piazza»

Proseguono le indagini, in questura raccolta la testimonianza della barista sulla violenza avvenuta in un bar della città la notte tra il 14 e il 15 febbraio. La vittima: «Non mi aspettavo questa ondata di solidarietà nei miei confronti»

25 FEBBRAIO  Poliziotta transgender aggredita: solidarietà in piazza con Arcigay
DENUNCIA Li ha riconosciuti, erano della Nuova Guardia del Trento calcio

di Francesca Cristoforetti

TRENTO - «Non pensavo che ci fosse tutta questa ondata di solidarietà nei miei confronti: non me l'aspettavo». Queste le parole della poliziotta cinquantatreenne aggredita la notte tra San Valentino e il 15 febbraio da tre ultras del Calcio Trento che torna a parlare a qualche giorno di distanza dalla diffusione della notizia che ha fatto rabbrividire e che ha sconvolto tutto il Trentino. 

Saranno le indagini della Questura del capoluogo - che continuano serrate - a definire con maggiore chiarezza i contorni della vicenda e per chiarire soprattutto se si possa configurare l'aggravante della discriminazione a sfondo transfobico. Il cerchio quindi sembra stringersi sempre di più.

Caso giudiziario a parte, la città nel frattempo non si è risparmiata nella sua ondata di solidarietà, esprimendo immediatamente vicinanza alla donna, colpita - secondo le accuse - con estrema violenza, tanto da lasciarle ferite tali da doverle applicare 22 punti di sutura, oltre a trenta giorni di prognosi. In tantissimi, tra cui esponenti politici, associazioni e la società civile, prenderanno parte alla manifestazione di oggi organizzata da Arcigay, indetta per dire no alla violenza transfobica. 

Ma lei non scenderà in piazza. «Non verrò: sono stanca e stressata, sia fisicamente per quello che ho subito che per le botte. Preferisco starmene in disparte con mia madre. Non ce la faccio più. Il mio stato psichico mi mette alla prova ogni giorno: non sono mai stata abituata a una cosa del genere». E sul clamore mediatico: «Spero che piano piano la cosa si sgonfi, almeno per tornare alla mia tranquillità». 

La donna, dipendente della Questura, si trovava in un bar della città. Erano le tre circa. Insieme a lei nel locale anche il gruppetto di tifosi. La scena è stata vista dalla barista che terrorizzata ha cercato di intervenire. 

La testimone oculare è stata chiamata ieri negli uffici della Questura in viale Verona a raccontare la sua versione dei fatti e quanto ha potuto vedere. Nel locale quella sera era presente un altro cliente che, non si esclude, possa essere sentito nei prossimi giorni. «Eravamo tutti nel locale - prosegue la poliziotta - Abbiamo scambiato qualche parola, ma io non mi siederei mai con loro. Una persona del gruppo la conoscevo di vista ma non credo di essere mai piaciuta a nessuno di loro». 

A parlare chiaro sono state anche le immagini delle telecamere dell'impianto di videosorveglianza del bar che era fornito anche di supporto audio. Tutti gli elementi raccolti sono ora al vaglio degli inquirenti e si riveleranno fondamentali per l'esatta ricostruzione della dinamica. Sicuro è che oltre alle botte e alle male parole, ad un certo punto sulla testa della cinquantatreenne è arrivato uno sgabello che - secondo le ricostruzioni - l'avrebbe stordita, provocandole due profondi tagli. 

Dopo essere finita all'ospedale Santa Chiara, era stata dimessa anche con numerosi traumi al torace, a una spalla e alla schiena, dovuti ai ripetuti calci ricevuti. La denuncia era stata presentata dalla stessa il 19 febbraio scorso. L'informativa potrebbe arrivare sul tavolo della procura nelle prossime ore.

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