Il Santa Chiara saluta il primario Giuseppe Tirone
Allievo del professor Claudio Eccher, originario della Calabria, dal 2019 era alla guida di Chirurgia 1: «Lascio una bella squadra»
TRENTO. il dottor Giuseppe Tirone ha compiuto 70 anni e ha trascorso il suo ultimo giorno a capo della Chirurgia I dell'ospedale S. Chiara. Ha festeggiato con i colleghi, le infermiere e le oss alla presenza anche del presidente Maurizio Fugatti, dell'assessore Mario Tonina, dell'ex assessora Stefania Segnana e dei vertici dell'Apss. Dopo tanti anni trascorsi al S. Chiara per lui è arrivato il momento dei saluti.
«Mi sono laureato nel 1979 a Siena, ho preso tre specializzazioni, chirurgia d'urgenza e Pronto soccorso, chirurgia toracica ed endocrinologia a Verona. Poi, dopo qualche anno di lavoro a Feltre sono arrivato in Trentino, all'ospedale S. Chiara dal professor Claudio Eccher, che è stato il mio maestro. Dopo qualche anno di primario a Fermo, Belluno e Rovereto, nel 2009 sono tornato a Trento per guidare la chirurgia 1».
Lei ama ricordare che è stato allievo del professor Eccher, ma lei che maestro è stato?
Sono orgoglioso di dire che cinque dei miei aiuti sono diventati primari. Uno nelle Marche, e poi Ciaghi a Tione, Carrara a Rovereto, Turri prima e Pellecchia poi a Cavalese.
Cosa farà nei prossimi giorni?
Niente visite, niente interventi, niente riunioni. Sicuramente mi prenderò qualche giorno di ferie, quelle che non sono riuscito a fare prima. Andrò un po' nella mia amata Calabria dove ho una piccola azienda di produzione di olive e clementine e mi godrò i figli e i miei quattro nipoti.
In futuro pensa di continuare l'attività di chirurgo?
Qualcosina penso di fare, di continuare a Trento nel privato convenzionato, ma non ho ancora un progetto definito.
Ora che è tempo di bilanci, ha qualche rimpianto?
No, sono stato benissimo in Trentino. Qui ho tantissimi amici anche fuori dall'ospedale e credo di essermi fatto voler bene. Lo dimostrano le tante persone che hanno partecipato al mio brindisi finale. Ho lavorato con una bella squadra. Lascio dei giovani preparati, motivati e con tanta voglia di imparare e anche uno staff infermieristico di livello. Anche la collaborazione con gli altri reparti è stata ottima. Proprio l'altro giorno con l'urologo, il cardiochirurgo e gli anestesisti abbiamo eseguito insieme un intervento davvero lungo e complicato e che è andato molto bene.
Lei ha all'attivo centinaia di interventi. C'è qualcuno che ricorda più di altri?
Sicuramente quello di una ragazzina che in un incidente stradale in Val di Non si era rotta un bronco principale. Io ero a Feltre, mi chiamarono e corsi in sala operatoria. Riuscimmo a salvarla e fu una grande gioia.
A guidare il reparto ora arriverà un professore universitario. Avrà sicuramente meno tempo per rimanere in reparto e in sala operatoria. Sarà meglio o peggio?
E chi lo sa, vedremo.
Una passione, quella per la chirurgia, che ha sempre avuto o che è legata al suo percorso di studio?
Chirurghi si nasce. Era chirurgo mio zio a Milano, è chirurgo mio figlio a Siena e mia nuora a Firenze. Anche mio fratello è medico.
Quindi al pranzo di Natale parlate solo di interventi e di tecniche chirurgiche?
No, è vietato. Parliamo solo di figli e nipoti.
Altre passioni oltre alla chirurgia?
Quella per la caccia e soprattutto per i miei setter.
Quanti ne ha?
Adesso due, ma ne ho avuti anche quattro. Con loro faccio anche prove cinofile e sono il mio orgoglio.
Tornando al suo lavoro, come è cambiato negli anni?
La chirurgia ha subito una vera e propria rivoluzione. Fino agli anni '90 tutti gli interventi erano in "open", ossia con l'incisione della parete addominale. Con la laparoscopia e la robotica c'è stato un cambio epocale. Oggi la maggior parte degli interventi vengono effettuati con tecniche mininvasive, anche la chirurgia toracica maggiore, con incisioni minime. Nel 2011 sono andato anche in Zimbabwe ad insegnare come eseguire interventi in laparoscopia con un apparecchio che era stato donato dal Trentino. Mi aveva contattato il dottor Roberto Bonmassari che aveva già iniziato lì un progetto di cardiologia.
Quali sono le patologie che sono aumentate negli anni?
Oggi vediamo tanti tumori dell'apparato gastrointestinale, ai polmoni, alla tiroide ma questo anche perché le diagnosi sono più accurate e si fanno gli screening che permettono di intercettare le lesioni allo stadio iniziale e questo consente anche di avere delle prognosi più favorevoli.
E il futuro cosa potrà offrire?
Sicuramente l'intelligenza artificiale potrà aiutare tanto la diagnostica.
Al brindisi ha dato qualche consiglio ai vertici di Provincia e Apss per migliorare l'ospedale?
Ho detto solo che non basta che il personale lavori, devono anche investire sulla struttura e in tecnologia. Ora si pensa al nuovo ospedale, ma nel frattempo bisogna continuare a investire su questo ospedale perché i tempi non saranno brevi.