Sanità / Il tema

«Medici del servizio pubblico, boom di guadagni in libera professione»

Il consigliere provinciale Filippo Degasperi replica alla risposta ricevuta a un'interrogazione sul nodo dell’attività intramoenia di dipendenti Apss: «È aumentata negli anni, oggi l'organizzazione del lavoro è studiata per fare in modo che i professionisti possano avere molto tempo per svolgerla»

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TRENTO - È giusto che un primario "stacchi" tutti i giorni alle 14 e 30 o alle 15 per cambiare ambulatorio e andare a fare visite in libera professione? Può, con questo orario, avere sotto controllo un reparto, rispondere alle esigenze dei pazienti e del personale? 

È opportuno che l'Apss consenta di modellare l'orario di lavoro di chi ha la responsabilità di un reparto in base alle esigenze del singolo professionista piuttosto che dell'organizzazione del reparto stesso? 

Se lo chiede il consigliere Filippo Degasperi dopo aver ricevuto la risposta dell'assessore alla salute Mario Tonina alla sua interrogazione sull'attività libero professionale intramoenia, ossia quella che i dipendenti dell'Apss possono effettuare negli ambulatori pubblici.

Nella sua interrogazione il consigliere Degasperi aveva evidenziato che nel 2014 erano sei i medici pubblici che superavano i 60 mila euro annui di compensi in libera professione oltre allo stipendio e che il reddito da attività libero professionale più alto per un medico dipendente del servizio sanitario provinciale era di 93 mila euro. 

Nel 2023 chi si è guadagnato la vetta della classifica, ossia l'otorinolaringoiatra Frau, ha invece incassato in libera professione 179 mila euro.

Nel 2023, inoltre, è più che triplicato il numero di professionisti che hanno incassato più di 60 mila euro per visite private all'interno dell'Apss. Da sei sono diventati 20 e di questi 12 ricoprono il ruolo di direttore di unità operativa.

Alcuni esempi di fasce orarie autorizzate per la libera professione? Il primario di ostetricia e ginecologia del S. Chiara, il dottor Fabrizio Taddei è disponibile per visite private a Mezzolombardo il lunedì e venerdì dalle 16 e 30 alle 19 e martedì, mercoledì e giovedì all'ospedale di Rovereto dalle 14 e 30 alle 19.

Libera professione dalle 14 e 30 anche per la dottoressa Federica Romanelli, primaria di oculistica a Rovereto, che dal lunedì al giovedì ha dato disponibilità per visite private fino alle 17 a Rovereto o fino alle 16 e 30 a Trento. Ma la lista di chi ha offerto la disponibilità per effettuare la libera professione ogni pomeriggio o quasi è lunga. Una scelta - va detto - legittima, prevista dal regolamento e nel rispetto del contratto di lavoro

«Quello che balza agli occhi - sottolinea però il consigliere Degasperi - è il fatto che tutta l'organizzazione è studiata per fare in modo che i professionisti possano avere molto tempo per la libera professione. Mi chiedo se un dirigente scolastico o un dirigente provinciale potrebbe permettersi di finire tutti i giorni alle 14? Nemmeno per gli insegnanti, categoria spesso additata per avere orari favorevoli, questo è possibile».

Tonina, sulla questione ha spiegato che «in merito all'orario giornaliero svolto dai medici, il contratto collettivo provinciale di lavoro prevede che i medici prestino la loro attività per un ammontare di 38 ore lavorative settimanali e che assicurino la propria presenza in servizio ed il proprio tempo di lavoro, articolando in modo flessibile l'impegno per correlarlo alle esigenze della struttura cui sono preposti e all'espletamento dell'incarico affidato, in relazione agli obiettivi e programmi da realizzare».

Nella risposta all'interrogazione viene poi fornito un dettagliato elenco di tutte le prestazioni sanitarie con la percentuale di quanto erogato in regime istituzionale e quanto privatistico. 

«Nella tabella, per molte prestazioni, viene specificato che una percentuale variabile dal 68,5-72,5% viene erogato a favore del servizio sanitario. Questo significa che quasi una prestazione su 3 è erogata in regime privatistico».

Il consigliere Degasperi chiede infine alla giunta provinciale se «non ritenga necessario intervenire, ed eventualmente come, per riportare la libera professione di qualche medico entro limiti ragionevoli e compatibili con il concetto di servizio pubblico».