Una serata da sogno per la festa del Muse
Chiamarlo museo oggi non basta più. Il Muse è cultura, arte, storia, scienza, ricerca, innovazione, per qualcuno addirittura quasi un essere vivente che cresce, cambia e soprattutto stupisce. Nato il 27 luglio del 2013, in pochi potevano aspettarsi di arrivare oggi, a quasi due anni di distanza, con ben oltre un milione di visitatori. Se questo non bastasse, è riuscito a farsi conoscere a livello internazionale non solo per la sua bellezza ma anche per il fermento scientifico e di ricerca portato avanti da oltre 50 ricercatori.
Sabato prossimo, dalle ore 17, il Muse spegnerà due candeline. Come ogni compleanno che si rispetti, la festa sarà ancora una volta unica. Fino alle 23 ci saranno laboratori, momenti di gioco, musica, l'inaugurazione di cinque nuove mostre, degustazioni ed incontri ad ingresso libero all'insegna della contaminazione creativa tra natura, arte e scienza. Un «Sogno di mezza estate», come il titolo che si è deciso di dare alla serata cui è invitata tutta la cittadinanza. Ad accompagnare «mano nella mano» il Muse in questi due anni è stato il direttore Michele Lanzinger, pronto a guardare al futuro del museo.
Direttore, quali sono gli elementi del successo del Muse, che da subito è andato oltre le aspettative?
«C'è da dire che non ci muoviamo in un sistema per cui ad ogni azione corrisponde una reazione nota. Pertanto ci sono state ricerche, ma anche studi che hanno portato al progetto Muse. Ma c'è stata anche una valutazione di base raggiunta. Gli elementi di successo in termini di visitatori e riconoscimenti sono la componente più sperimentale e innovativa che aveva bisogno dell'esperimento per essere valutata. Un esperimento, il Muse, che aveva dei gradi di sicurezza, e noi li avevamo misurati e previsti negli anni precedenti, ma la formula risultata ha restituito numeri e soddisfazioni, non solo per noi del museo ma per l'intero mondo sociale ed economico del Trentino, che trattandosi di innovazione non potevano essere prefigurati».
Cos'è che è riuscito a dare alla comunità il Muse?
«Il Muse di fatto sta lavorando su due livelli. Il primo sociale, che è quello principale. Parliamo delle attività, le relazioni, le conferenze, il museo aperto fino a sera, la possibilità di vederlo oltre l'orario di lavoro. Poi esiste l'altro museo, quello che riesce ad attirare visitatori da fuori provincia e diventa attivatore di economia. Accanto a questi due livelli, c'è poi la ricerca, portata avanti da oltre 50 ricercatori, prevalentemente orientata ai valori ambientali, ad elementi di conoscenza ed interpretazione del territorio e della sua biodiversità. Ricerche portate avanti anche attraverso l'utilizzo di finanziamenti europei».
Il Muse non sta mai fermo, cambia in continuazione. Quale sarà il suo futuro?
«Cito una frase famosa: "La maniera migliore per prevedere futuro è inventarselo". Quindi quello che dobbiamo fare per prevedere il nostro futuro è inventarcelo giorno dopo giorno. Noi stiamo già inventando degli scenari a 5 - 10 anni del Muse. Abbiamo un edificio e delle installazioni di grandissima qualità e ci chiediamo se saranno contemporanee tra cinque anni. La strada che intendiamo percorrere è quella di trasformare il museo progressivamente affinché chi ritornerà a visitarci possa dire di aver trovato cose nuove».
Qualche anticipazione?
«Una parte avrà a che vedere con lo sviluppo complessivo dell'area e quindi le scelte che andrà a fare la Provincia a Palazzo delle Albere. All'interno del museo ci sono poi degli spazi che potranno essere modificati e sviluppati. Stiamo pensando a planetari in 3D ma anche ad uno sviluppo della dimensione Fablab con laboratori di costruzione più attiva per i visitatori, novità che faranno dire a chi torna che ne è valsa pena».