Finardi: quei sogni perduti Il 3 ottobre sarà a Pergine
Anche se da anni ormai non appare nei piani alti delle classifiche, e poco gliene importa per fortuna, Eugenio Finardi resta pur sempre uno dei cantautori più importanti della musica d'autore italiana e non solo per quei dischi imprescindibili degli anni '70 e per il successo di pezzi ormai classici quali Musica ribelle e Extraterrestre. Proprio alle sue canzoni è affidata, sabato 3 ottobre, l'apertura del ciclo di eventi live proposti al teatro comunale di Pergine Valsugana sotto la direzione artistica di Corrado Bungaro.
Eugenio Finardi in questo 2015 sta proponendo sui palchi di tutta Italia lo spettacolo Parole & Musica in cui, come ci racconta in questa intervista, intreccia il suo passato alle canzoni di questo terzo millennio.
Finardi, quali contorni ha il live «Parole&Musica»: cosa vuole raccontare?
Questo è uno spettacolo nato dalle richieste del pubblico. Il mio concerto elettrico legato al tour di «Fibrillante» ha assunto forme sempre più rock lasciando poco spazio alle parole così mi sono arrivati diversi stimoli per un set meno elettrico, meno rumoroso e più acustico adatto per teatri, spazi limitati».
Immagino per approfondire l'aspetto narrativo.
Certo, in «Parole e Musica» racconto come nascono e hanno preso forma le mie canzoni, chi sono e come ho attraversato i miei primi quarantatré anni di musica entrando nelle vite di molti. Al mio fianco sul palco ci sono il pianista Paolo Gambino, il chitarrista Giovanni Maggiore alla chitarra elettrica e mia nipote Federica Finardi al violoncello.
Nel cassetto dei suoi dischi ci sono centinata di brani. Quali ha scelto per questo tour? Intendo, con quale criterio?
La scelta dei brani dipende da quanto vado lungo col parlato. Mi piace variare sempre comunque i brani e piuttosto devo stare attento perché se mi lascio andare ho anche una scaletta di tre ore e mezza con molte canzoni che ho ritenuto adatte proprio alla forma teatrale e alla formazione che mi accompagna.
Cosa le manca maggiormente degli anni Settanta quelli dei primi album Cramps come Non gettate alcun oggetto dai finestrini, Sugo e Diesel?
Mi manca il senso del futuro che si respirava allora. In quegli anni si anelava ad un futuro come costante progresso sociale, unito ad una crescita anche morale che purtroppo non si è realizzato. Oggi quel futuro che molti sognavano si è rivelato molto deludente. Nella mia canzone Nuovo umanesimo che suonerò anche a Pergine canto infatti «No non è questo il futuro che sognavo, quando avevo un futuro da sognare».
Dopo quarant'anni di concerti si diverte ancora ad affrontare il palco?
Si. Assolutamente non ne potrei fare a meno. Ne ho bisogno per me. Se mi domando cosa voglio oggi e cosa mi rende felice la risposta è ancora quella di suonare e incontrare la gente ai mie concerti.
Qual è il brano che l'emoziona di più suonare in questo tour?
Ce ne sono tanti ma se mi mette con le spalle al muro oggi sceglierei una canzone molto intima che ho inserito da poco in scaletta e si intitola Lei si illumina . Una canzone che impreziosita dal violoncello è un piccolo gioiellino.
Ha senso oggi definirsi cantautori e magari suonare «Musica ribelle»?
La musica ribelle esiste ancora ma ho sempre più la sensazione che non la facciano i cantautori , almeno quelli più noti intendo. Mi sembra che molti tendono a parlare delle piccole cose, più intime se vogliamo ed è molto strano perché in quest'epoca ci sarebbe bisogno più che mai di «musica ribelle». Forse però il ruolo dei cantautori di un tempo è stato preso anche in Italia da alcuni ragazzi che fanno rap ma con un linguaggio diverso.