Cuore nomade batte a Levico
Cuore nomade batte a Levico
Era il 1965, mezzo secolo fa, quando una band, fino ad allora sconosciuta di ragazzi emiliani segnò con la sua musica quella lontana estate al Lido di Levico Terme . Quei ragazzi, guidati dal cantante Augusto Daolio , hanno dato vita negli anni alla leggenda dei Nomadi uno dei gruppi più importanti ed amati di sempre della musica tricolore. Sabato i Nomadi torneranno nella località trentina per un concerto speciale che si terrà, dalle 21 al Palalevico e anticipa il loro nuovo tour teatrale che toccherà nel 2016 numerose città d'Italia e d'Europa. Un evento che si lega ad una partnership con Radio Dolomiti che festeggia i suoi primi quarant'anni nell'etere e che in questi giorni sta regalando ai suoi ascoltatori quaranta biglietti proprio per il live della band di Novellara. Una serata fra musica e memoria di cui abbiamo parlato con Beppe Carletti unico componente dei Nomadi di allora.
Beppe, cinquant'anni dopo ancora sul palco di Levico: che effetto ti fa?
«Cinquant'anni sono mezzo secolo di vita e mi fa davvero un effetto particolare se penso a quello che è stato. Non avrei mai pensato che quando abbiamo iniziato nel 1965 il destino ci avrebbe fatto ritornare qui. Il Lido di Levico in quell'estate ormai così lontana era un posto vivo, pieno di vita e pieno di ragazzi, in cui si respirava un'atmosfera gioiosa, allegra».
Qual è il ricordo più bello e vivo che hai di quei primi concerti trentini?
«Quando penso a quei momenti rivedo gli amici e i volti dei ragazzi di quei giorni. Però il ricordo va anche ai fratelli Flaim, uno dei quali purtroppo è già scomparso, che vennero ad ascoltarci a Modena in un dancing dove suonavamo e alla fine della serata si presentarono molto simpaticamente e ci chiesero se eravamo propensi a recarci a Levico in quell'estate del '65, che sarebbe arrivata da lì a poco. Sono stati loro i "colpevoli" che ci hanno fatto vivere quell'avventura in Trentino e credo ci abbiano davvero visto lungo».
Ti saresti immaginato che quest'avventura sarebbe stata cosi intensa e viva anche nei suoi momenti più dolorosi?
«No, assolutamente no, direi una bugia se affermassi il contrario. Eravamo dei ragazzi spensierati che pensavano a suonare, alle ragazze e a farci le vacanze ma non di certo al successo. In quel momento nessuno pensava che poi tutto sarebbe cresciuto nel tempo e sarebbe diventato, partendo proprio da lì, da Levico, un tourbillon di avventure, di magnifici momenti, e, come dicevi tu, anche di grandi dolori e perdite, lungo cinquant'anni».
Il presente è quello del vostro ultimo disco «Lascia il segno». Soddisfatti di come è stato accolto questo lavoro?
«Sono molto contento di come è stato accolto questo album considerando il fatto che noi non abbiamo grandi network dietro le spalle e promuoviamo i nostri lavori in maniera diretta aiutandoci con il nostro nome. Quello che conta è essere nel cuore delle persone che ti seguono, che sono attente alle tue produzioni e che vengono ad assistere ai tuoi concerti. Non voglio essere presuntuoso ma sia ascoltandolo che proponendo le canzoni dal vivo io penso che questo sia uno dei dischi più riusciti che abbiamo mai fatto negli ultimi vent'anni».
Immagino che il vostro live di sabato prossimo a Levico avrà dei contorni particolari: ci puoi anticipare qualcosa?
«Non voglio rivelare molto trattandosi di un concerto natalizio. Nel nostro cassetto di note, la gente lo sa, abbiamo più di trecento canzoni e per forza di cose ne suoneremo un po' meno. Daremo modo a chi già ci conosce, ma magari ci ha sentito solo tanto tempo fa, di scoprire quali sono i Nomadi di oggi e cosa vogliono raccontare con la loro musica che viene appunto da cinquant'anni di vita.
Augusto Daolio, che vi guarda da lassù, cosa penserebbe dei Nomadi d'oggi?
«Non voglio essere presuntuoso ma ho sempre creduto che Augusto possa essere quasi orgoglioso di come ho portato avanti i Nomadi, con quello spirito che ci univa e che ci faceva avere una visione comune delle cose. Nel corso del tempo molto è cambiato, le situazioni sono diverse però i Nomadi sono sempre stati il più possibile coerenti con sé stessi e con il loro messaggio e onesti con la gente. Arrivando fino ad oggi. La memoria di Augusto in fondo è sempre con noi sul palco quando cantiamo le sue canzoni. Io penso di averlo sempre rispettato e di non aver mai tradito quello che era il nostro essere».
Il vostro nuovo anno?
«Tanti tanti concerti ancora, perché la nostra forza e la nostra energia vengono dal palco e dal contatto con il nostro pubblico. Speriamo di continuare ancora a lungo e di tenere viva la magia che ha il nostro nome, grazie appunto a quel rapporto con la gente, con le persone che ci vogliono bene, che ci hanno seguiti in questo lungo cammino o che magari ci hanno scoperti da poco».