«Cosa videro quegli occhi»: la mostra in un libro di 656 pagine
Dopo la bella e fondamentale mostra di Rovereto, allestita dal Laboratorio di storia di Rovereto alla Manifattura Tabacchi, è stato dato alle stampe un libro che di quella esposizione è figlio: Cosa videro quegli occhi.
Come il titolo della mostra, il voluminoso lavoro, 656 pagine pubblicate grazie alla presidenza del consiglio provinciale di Trento, sarà presentato giovedì 25 ottobre, alle ore 18, in sala Depero a Trento.
Il volume, finemente rilegato, stampato da La Grafica di Mori e curato dal Laboratorio di Storia di Rovereto, è il punto conclusivo di un lungo impegno culturale riferito alla memoria del primo conflitto mondiale. Alla presentazione interverranno il presidente del Consiglio provinciale uscente, Bruno Dorigatti, gli autori del Laboratorio di storia di Rovereto, con in testa Diego Leoni, lo storico Quinto Antonelli, la poetessa e studiosa badiota Rosa Dapunt.
Il Coro della Sat di Trento eseguirà anche alcuni brani del proprio repertorio.
Il volume ha un apparato fotografico straordinario, che i visitatori della bella mostra roveretana riconosceranno, con le biografie dei trentini spediti al fronte, una gran messe di ritratti fotografici e immagini strazianti di guerra, da qui appunto «Cosa videro quegli occhi».
La vicenda indagata si riferisce agli eventi che nella guerra, dalla sua lunga preparazione, fino alle drammatiche conseguenze, tra il 1913 e il 1920, vide coinvolti migliaia di trentini, uomini e donne. Protagoniste ne sono le «impronte» di un’esperienza che avrebbe rappresentato, a fronte di immani lacerazioni psicologiche e fisiche, la testimonianza che quelle vite hanno segnato in documenti e relazioni militari, atti processuali, registri anagrafici, ma anche in decine e decine di lettere, diari e memorie di cui è rimasto traccia. La guerra, dunque, come conseguenza della chiamata alle armi e dell’arruolamento, o come scelta, nella vicenda di centinaia di trentini, più di ottocento, secondo le stime più recenti, volontari nell’esercito italiano.
Sono le storie di chi, trentino o sudtirolese, fu prigioniero in Italia e di chi, prigioniero russo, gli anni della guerra costrinsero nel Tirolo meridionale. Ma il lungo lavoro di ricerca sarebbe stato impossibile senza considerare la vicenda dei civili, di donne, in particolare, mogli e madri di soldati che seppero mantenere la forza e la lucidità per comprendere e leggere tanto la complessità quanto la grandezza degli eventi in cui furono chiamate a misurarsi. Numeri incredibili: 67-72 mila uomini, e in quello dei caduti, di oltre 12 mila trentini la cui morte avvenne a causa di esplosioni e ferite, del freddo e della fame.