Voglia di '70: una mostra mondiale sulla disco music
Musica, moda e design. Le magiche atmosfere del Piper, discoteca alla moda negli anni Settanta a Roma, rivivono a Bruxelles in una mostra dal titolo «Night Fever», organizzata al museo del design della capitale belga ai piedi dell’Atomium fino al 5 maggio.
Cinquant’anni di storia che hanno cambiato il modo di ballare e di concepire il divertimento notturno, diventato oramai un fenomeno di massa, partendo proprio dal locale che rese famosa Patty Pravo, non dimenticando le discoteche della riviera romagnola, attraversando anche l’Atlantico per approdare al mitico Studio 54 che ospitò le più famose pop-star dell’epoca, come Andy Warhol.
Luci soffuse, sfere specchiate, neon, stroboscopi, accolgono il visitatore in un universo pieno di sonorità e luci colorate dove riecheggiano le notti mistiche e rivoluzionarie, mettendo in risalto tutti quegli elementi caratteristici che hanno creato l’identità dei vari club e dove il design e soprattutto i dj hanno giocato un ruolo centrale.
Protagonista la musica in tutte le sue declinazioni: dalla disco anni Settanta, con i Bee Gees, fino alla techno e alla house. A fare da sfondo - immancabilmente - alcune immagini de «La febbre del sabato sera», che fece conoscere al grande pubblico un giovanissimo John Travolta. Spazio anche alla moda e ai vari look in voga da mezzo secolo ad oggi: dalle pellicce, agli zatteroni fino ai passamontagna e alle paillettes. Una passerella che ha fatto storia e che continua a stupire.
E l’Italia in tutto questo ha giocato un ruolo in anteprima.
Oltre al Piper, inaugurato nel 1965 ed ancora in attività, la mostra ricorda «L’Altro Mondo» aperto a Rimini nel 1967, una tra le discoteche più famose della riviera romagnola creato in un hangar con sedie in plastica colorata e tubi d’acciaio. E poi la «Bamba Issa» a Forte dei Marmi che aprì i battenti nel 1969.
Luoghi caratterizzati da una scenografia che guardava all’arte di quegli anni in modo del tutto nuovo rispetto alle balere degli anni precedenti.
Un posto di primo piano viene dato allo Studio 54, aperto nel ‘77, vero e proprio tempio della musica newyorkese e mondiale, vetrina di star e celebrità, ma anche alla Hacienda di Manchester inaugurato alla fine degli anni ottanta, con un design di interni rivoluzionario post-moderno e post-industriale, divenuto epicentro della cultura rave britannica e del genere acid-house, poi chiuso a fine anni Novanta e demolito.
Un occhio anche ai locali berlinesi che dopo la caduta del muro di Berlino hanno creato una evoluzione-rivoluzione dell’estetica scenografica di questi luoghi regalando alla capitale tedesca lo scettro di capitale della techno europea.