A dieci anni dalla morte il mito Michael Jackson oscurato dalle ombre degli abusi
Il decennale della morte di Michael Jackson (martedì 25 giugno) è l’occasione per tornare su una delle più clamorose vicende di ascesa e caduta della storia dello spettacolo. Uno dei geni assoluti del pop, l’incredibile ballerino che ha cambiato il corso della danza, il Peter Pan che non voleva essere nero, è affondato in un gorgo melmoso di incubi da predatore sessuale di ragazzini.
Nell’epoca del #Metoo nessuno si azzarda a celebrare le sue gesta nel decennale della morte: neanche il suo amico, mentore, produttore Quincy Jones ha trasformato un concerto in programma a Londra per celebrare Jackson in un generico omaggio alle musiche da film. I grandi Network americani non hanno nulla in programma, si parla di un musical a Broadway per l’anno prossimo ma si dice che la produzione sia in difficoltà.
Dal punto di vista legale, Michael Jackson era stato assolto dalle accuse di pedofilia: i processi erano iniziati nel 1993, l’assoluzione è del 2003, in mezzo ci sono molti accordi extra giudiziali. Ma il documentario «Leaving Neverland», (Neverland era il nome del suo famigerato ranch-parco giochi) con le testimonianze di chi ha fatto parte del giro dei «giovani amici» di Michael, ha seppellito sotto un mare di fango qualsiasi accenno alla nostalgia.
Anche i particolari della sua morte danno il segno di un disastro esistenziale: Jackson è morto perchè il suo medico personale gli ha somministrato l’ anestetico chirurgico cui era assuefatto nonostante avesse già assunto una notevole quantità di farmaci potenti. Era in queste condizioni che cercava di affrontare il suo ritorno sulle scene: basta guardare «This Is It», il documentario sul dietro le quinte di quel ritorno che non c’è mai stato, per capire del Michael Jackson degli anni di «Thriller» e «Bad» era rimasta l’ombra. E sullo sfondo si intravede pure la storia di Michael bambino abusato da un padre violento e dispotico che gli insegnava le coreografie dei Jackson 5 a suon di botte.
In questo quadro c’è spazio per ricordare la musica? Michael Jackson è stato il re del pop, ha lasciato tre album immortali come «Off The Wall», «Thriller» e «Bad», fenomeni commerciali da storia della musica registrata, un’icona che ha travalicato i confini musicali. I suoi funerali sono stati seguiti in tv da una platea smisurata ai quattro angoli del mondo. E in questo momento in cui al cinema fa tendenza il biopic nostalgico - il miliardo di dollari incassato da «Bohemian Rapsody» ha dimostrato che il filone può essere ricchissimo - gli anni ‘80 sono pronti a essere sfruttati. E per certi aspetti, gli anni ‘80 sono stati Michael Jackson e non solo per quella formidabile trilogia black e pop: basta pensare ai video clip kolossal di «Thriller» e «Bad», al look e al Moonwalkin’ di «Billie Jean» e all’influenza che ancora hanno sull’immaginario popolare.
E qui sta il punto: ci sono due generazioni cresciute con quella musica, milioni di ballerini, professionisti e non, che danzano imitando Michael Jackson. E poi ci sono quelli che da bambini sono stati nel lettone o in bagno con Michael e i bambini di oggi a cui andrà pure spiegato che tipo fosse il genio di «Thriller».