L'intervista ad Ivano Battiston fra i protagonisti dell'Alba dei Suoni delle Dolomiti di sabato 20 luglio
C'è anche la fisarmonica di Ivano Battiston, uno dei fuoriclasse internazionali di questo strumento, fra i protagonisti di "E intanto si suona" l'evento proposto per l'Alba del Suoni delle Dolomiti sabato 20 luglio, alle 6, a Col Margherita in Val di Fassa. Un progetto nato da un'idea di Mario Brunello e Alessandro Baricco in cui la musica si confronta con la guerra, l'umanità con le barbarie e che si lega ad una composizione di Giovanni Sollima. Un viaggio dall'inizio del Novecento fino ai giorni nostri attraverso le parole che il soldato Alessandro Silvestri ha affidato ai suoi diari nelle parole e nelle note di Neri Marcorè, Marco Rizzi, Regis Bringolf, Danilo Rossi, Brunello, Floria Berner, Gabriele Ragghianti, Signum Saxophone Quartet e del musicista bellunese Ivano Battiston che in questa intervista ci racconta i suoi "Suoni".
Battiston, dopo il maltempo dello scorso anno provate a riproporre in open air il progetto "E intanto si suona": con quale spirito?
<Lo spirito è quello della rivincita contro Giove pluvio - sorride Battiston (n.d.r.) - lo scorso anno ci siamo spostati da Arte Sella al teatro di Borgo Valsugana a causa del maltempo. Ora speriamo di rifarci, anche perché questo concerto all'Alba si annuncia davvero come una cosa meravigliosa e unica. Nella mia esperienza, ormai ventennale con "I Suoni delle Dolomiti" ho notato come i luoghi scelti per i concerti siano veramente favolosi: non esiste foto o filmato che possano far provare quello che si prova vivendoli come artisti o spettatori>.
Com'è stato coinvolto nel progetto "E intanto si suona"?
<Da diversi anni collaboro insieme a Mario Brunello: con lui c'è sempre stata una grande sintonia che ci ha visti girare il mondo e tre anni fa, sempre per i Suoni, abbiamo fatto un trekking insieme a Gabriele Ragghianti: eravamo un trio un tantino anomalo e buffo, anche visivamente per chi ci ha visti portare gli strumenti. Per "E intanto si suona" Brunello ha commissionato a Giovanni Sollima delle musiche per accompagnare questo racconto in cui si contrappongono il quartetto d'archi e il quartetto di sassofoni: in mezzo a questi due contendenti c'è un terzo gruppo formato dal violoncello e dalla fisarmonica contrabbasso, che hanno un ruolo quasi da "disertori">.
Uno spettacolo che parla anche dell'insensatezza della guerra che con i suoi artigli ha segnato il secolo scorso.
<Mi affascina molto questo tema perché io sono di origine bellunese, vengo da zone che "parlano" comunque di guerra e mi appassiona molto tutto ciò che riguarda il contorno: ad esempio come facevano a quell'epoca a suonare i musicisti e come potessero vivere le persone. I racconti dei nonni e dei bisnonni sui due conflitti mondiali mi hanno accompagnato da sempre. Mi piace scoprire le dinamiche e, ironicamente, vedere come noi italiani in fondo non siamo cambiati per niente a livello organizzativo vista, ad esempio, l'impreparazione con cui abbiamo affrontato la Grande Guerra>.
Quali le difficoltà nel suonare in alta quota, e magari con il freddo dell'Alba, la fisarmonica? <Mi piace sempre dire che la fisarmonica è come una sorta orchestra portatile: il mio strumento ha un certo peso quindi non è proprio leggero come un flauto o un violino e avrò quindi un aiuto da parte delle guide alpine. Suonare all'aperto non è mai facile, anche se proprio Brunello mi ha fatto cambiare prospettiva dopo le esperienze ai Suoni>.
Se dovesse convincere un ragazzo del terzo millennio a suonare lo strumento che l'ha reso famoso cosa direbbe?
<Direi che la fisarmonica è come un'appendice del nostro corpo. In un'epoca pervasa dai social e dalla frenesia suonare la fisarmonica porta una ventata di umanità e d'istintività che altri strumenti non possiedono>.