Brunello svela Bach al violoncello
«Quando ho suonato al violoncello piccolo il primo accordo della prima sonata per violino mi sono detto: “Caspita, Bach mi ha nascosto per metà della mia vita metà della sua musica”».
Mario Brunello, tra i massimi violoncellisti viventi, direttore artistico musicale di «Arte Sella», spiega così la meraviglia della scoperta dell’altra faccia del genio della musica, le Sonate e Partite composte dal grande Johan Sebastian per il violino che al violoncello piccolo svelano un nuovo mondo sonoro.
Brunello ha pubblicato all’inizio di novembre per l’etichetta Arcana il primo (con due cd) di una collana di tre volumi dedicati a questa particolare rilettura del repertorio bachiano, la prima registrazione al mondo al violoncello piccolo. Un saggio «live» dell’impresa lo ha visto nelle scorse settimane protagonista a Santa Cecilia del primo dei quattro concerti in programma per la stagione da camera, due nel calendario in corso (prossimo appuntamento il 29 gennaio) e due nel 2020-21, in cui proporrà i 12 capolavori - l’esecuzione integrale delle sei Suites per violoncello, delle tre Sonate e delle tre Partite per violino - preceduti, come ha ormai abituato il suo pubblico, da una spiegazione per metterne in luce caratteristiche e peculiarità.
Brunello, 59 anni, può permettersi una sfida tanto impegnativa. Vincitore nel 1986 - primo e unico italiano - del celebre concorso Caicovskij di Mosca, si è imposto sulla scena internazionale suonando con i direttori più illustri e le orchestre più prestigiose e collaborando con solisti di livello straordinario.
L’artista, protagonista nel Trentino ai «Suoni delle Dolomiti», parla anche con gli occhi quando racconta il suo rapporto con la montagna. «Chi si mostra perplesso su questa esperienza è perché non l’ha mai fatta - spiega -. Sulle Dolomiti si va a riempire spazi con la musica. Le sei sonate di Bach sono la Bibbia per i violoncellisti. Per tre anni le ho suonate lì dove il profilo delle montagne sembra una partitura. Per il violoncello piccolo ho cercato un’altra immagine e ho scelto l’Etna, perché la musica di Bach è una cascata di note come un fiume di lava».
Vette, colate di magma e poi il deserto, altro grande scenario dove ha portato la sua musica. Il luogo chiuso aumenta l’acustica, dice, ma all’aperto, in un’oasi ambientale, il suono dello strumento è autentico e crea emozioni particolari. Bach, in questo senso, è il non plus ultra. «Le sue cattedrali musicali sono montagne, mai simmetriche ma proporzionali. Lui è riuscito a trasformare la natura in musica, così come Beethoven ha fatto con lo spirito. La foglia è la musica di Bach, perfetta ma a ben guardare composta da due parti che differiscono, equilibrandosi». Anche la scelta di spiegare i brani per guidare all’ascolto risponde all’approccio da innamorato della montagna. «È un modo per dare appigli, come quando si fa una arrampicata, per far sognare ognuno».
Il violoncello piccolo, di dimensioni inferiori al violoncello e accordato un’ottava più bassa rispetto al violino, è una tappa nuova del percorso.
«Le suite di Bach per violoncello sono sei - racconta - le suono da 40 anni e le ho incise tre volte. Delle altre sei per violino c’era sempre qualcosa che mi mancava nelle esecuzioni dei grandi violinisti, qualcosa che fosse mio. Per curiosità ho rubato una corda all’arpa di mia moglie Arianna perché non si trovava il mi da aggiungere a un violoncello che avevo a casa e ho provato a sostituirlo. In quel momento ho capito che mi era stata tolta la possibilità di conoscere Bach in tutta la sua meraviglia del repertorio per quattro corde. Il violino ha infinite possibilità tecniche, ma l’altro, dal corpo più grosso, ha possibilità sonore molto più interessanti per questo tipo di musica polifonica».