Per non dimenticare piazza Fontana
La fatica della memoria, raccontare per non dimenticare. Faceva freddo a Milano il 12 dicembre del 1969, ma il gelo calò sulla città e sull'Italia democratica quando all'interno della Banca Nazionale dell'Agricoltura in Piazza Fontana una bomba esplose dilaniando tutto e tutti. I morti furono 17 e i feriti 88.
Persone perbene che si trovavano all'interno della banca in occasione del tradizionale venerdì di contrattazione degli agricoltori della zona. Tra loro c'era anche Pietro Dendena, che rimarrà ucciso. Una tragica storia che ora Rai Fiction con Aurora Tv fanno rivivere in Io ricordo Piazza Fontana , per la regia di Francesco Miccichè , in onda su Raiuno domani in prima serata nel giorno della commemorazione. Un racconto che segue il filo della memoria di sua figlia Francesca interpretata nella fase adulta da Giovanna Mezzogiorno - che all'epoca aveva diciassette anni e che per tutta la vita ha lottato, insieme ai parenti delle vittime, per dare un nome ai responsabili di quel barbaro attentato e stabilire la verità su quanto accaduto cinquant'anni fa. Le parole di Francesca-Giovanna ripercorrono le tappe e un iter processuale lungo e complesso, articolato in più sentenze che alla fine - colpa dei molteplici depistaggi non è riuscito a stabilire chi siano stati gli effettivi responsabili dell'attentato, ma che ha chiarito una verità storica: la bomba di Piazza Fontana diede il via alla "strategia della tensione" con la quale forze eversive di destra, con la collaborazione occulta dei servizi segreti deviati dello Stato, cercarono di destabilizzare le istituzioni democratiche per favorire una svolta autoritaria in Italia.
A Giovanna Mezzogiorno l'approccio analitico è rimasto dentro: si fa domande su tutto. E con la sua dolcezza determinata e caparbia, attraverso testimonianze e filmati dell'epoca, conduce lo spettatore in un lungo cammino verso una verità storica, che vede chiare responsabilità neofasciste del Veneto coperte dal "non ricordo" di una parte della classe politica. «Io, invece, ricordo dice Giovanna Mezzogiorno perché negli anni '90 ero una liceale a Milano e venivano fatte ogni anno manifestazioni per Piazza Fontana, ho iniziato a partecipare ai cortei e venivano scandite delle frasi molto forti, una di queste era: "12 dicembre Piazza Fontana mano fascista regia democristiana". Questo veniva detto però dall'estrema sinistra che era di parte. Ma questa forse era la verità». E osserva: «Penso che ci sia qualcosa sopra di noi, che ci sia sempre stata, che ci sovrasta e che non viene a galla. Purtroppo non è successo solo a Piazza Fontana, ma è successo con tante altre cose».
Ritiene che una docu-fiction come questa possa essere da stimolo per le nuove generazioni?
«Mi auguro che questa fiction abbia molto successo, non tanto perché l'abbiamo fatta noi, ma perché i giovani oggi non solo non sanno quello che è accaduto, ma c'è un aspetto ancora più grave: non gli interessa. Ci sta che non sappiano cosa è accaduto nel '69 ma non gliene importa nulla. Agli studenti viene insegnata la Storia fino al 1945, ma da allora in poi sono successe delle cose molto gravi che hanno segnato quella che è l'Italia odierna e che segnerà il futuro dei nostri figli».