Felix Lalù, "No hablo ladino" è il primo disco in noneso
Oscar de Bertoldi, in arte Felix Lalù è uno degli artisti più creativi ed ispirati. Non lascia indifferenti come accade per No hablo ladino il primo disco di sempre (rock ma non solo) cantato solo e rigorosamente in dialetto noneso. Dopo «3AM3YNO Vol. 1», dedicato a quelle che ha definito «piccole colonne sonore per film di fantascienza smarzi anni 80», chiude il 2019 con un album, che esce martedì prossimo, dedicato alla lingua della sua terra.
Felix Lalù, perché un disco tutto in noneso?
«Già nei miei lavori precedenti c'erano canzoni in noneso e quindi prima di questo cd avevo un repertorio in dialetto di una ventina di canzoni. Ma un disco tutto in noneso non l'aveva mai fatto nessuno. Credo fosse giunto il momento giusto».
È difficile scrivere testi solo in dialetto?
«Per niente. Il nones è pieno di tronche, di parole corte, di espressioni colorite. Ha una musicalità incredibile e in parte inesplorata».
Quali temi affronta?
«Si tratta perlopiù storie ambientate in Val di Non. C'è il beone, c'è il montanaro della domenica, il marito violento, l'innamorato, lo sborone, quello che guarda la neve fuori dalla finestra, il bambino che vuole dire "peto e rutto" e altri. Un bestiario noneso ben assortito».
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C'è un brano dedicato a Florian Egger?
«Il Rambo di Lauregno mi ha sempre incuriosito. I furti in banca, l'omicidio, la latitanza con la polizia che lo cerca dappertutto e lui è nascosto al suo paese, l'arresto, l'evasione. In quel periodo lo presentavo come un mio musicista invisibile evaso per i concerti. Il pezzo che parla di lui è molto romanzato, come sarebbe un film d'azione tipo Fast&Furious basato sulla sua storia».
Dal punto di vista musicale come si inserisce nella sua produzione?
«Quasi tutti i pezzi nascono con la mia voce e una chitarra acustica a tre corde. Poi ogni canzone ha un suo mood e strumenti a seconda del testo. C'è il pezzo punk, il tango, il valzerino, quello reppato, la ballad, il brano cappella e uno psichedelico. Sicuramente rispetto agli altri dischi ci sono più percussioni e più ritmo».
Con chi ha collaborato?
«L'ho registrato negli studi di Jacopo Broseghini bassista dei Bastard Sons of Dioniso. Nel disco ci sono il cantautore e pianista Dodicianni, Irene Bonadiman, con cui suono da tempo, Mario Agostini e Michael Pero Pancher. Infine Francesca Endrizzi, una giovane cantante e percussionista nonesa, con cui farò anche dei live».
«No hablo ladino» uscirà con un libro di 140 pagine: cosa contengono?
«Esistono tante pubblicazioni sulla Val di Non, ma sono monotematiche. La valle viene rappresentata solo attraverso le mele, le montagne, il passato. Niente di male, ma il risultato è una valle che si fa i selfie con la duckface. Quindi ho proposto a 40 amici artisti di mandarmi qualcosa a tema Val di Non (con la libertà di parlarne anche male). Ne è uscita una pubblicazione unica nel suo genere, impaginata dallo sguardo contemporaneo di Angelica Stimpfl».
Lo presenterà in concerto?
«In Val di Non mancano luoghi dove si presentano dischi. Quindi ho deciso di portarlo tra la gente, nei negozi nonesi tra Natale e l'Epifania. Apparirò e scomparirò con Francesca Endrizzi in brevi show estemporanei in acustico annunciati solo tramite social».