Zarrillo: «Cambio pelle e canto il malessere»
Sanremo val bene un po' di stress, un po' di pressione psicologica e anche tutto il chiacchiericcio che ci si fa su. Oneri e onori del mestiere più bello al mondo, quello del cantautore, almeno stando alle parole di Michele Zarrillo, pronto a partecipare ancora una volta, la tredicesima (la prima fu nel 1981, l'ultima nel 2017), al festival più chiacchierato d'Italia con il brano Nell'estasi o nel Fango, scritto con Valentina Parisse.
"Sanremo è Sanremo. A me ha dato tutto e continua a farlo. Mi ha permesso di vivere una vita serena e non posso che essergliene grato. E poi è la conferma che sono ancora in piena attività", racconta il cantautore romano, che però non evita di rivolgere uno sguardo critico alla manifestazione. "Negli ultimi 30 anni le cose sono cambiate profondamente. Sono aumentati i salotti mattutini, pomeridiani, notturni, nei quali chiunque può dire la sua e salire in cattedra senza avere neppure le competenze. Non si possono giudicare le emozioni. E poi magari la canzone più criticata finisce per essere quella più canticchiata", tuona con una certa vis polemica.
Qualche ferita ancora aperta? "No, affatto. Nuove Proposte a parte, non ho mai vinto ma delle dodici canzoni che ho portato a Sanremo, posso dire serenamente che almeno dieci continuano a vivere da sole. E questo è un dato di fatto - rivendica con orgoglio -: Una rosa Blu, La notte dei pensieri o L'elefante e la farfalla sono diventate dei classici. Nessuna rivalsa a posteriori, quello che io faccio è scrivere canzoni canzoni e non si può dire che non abbiano avuto successo. Non sono uno di quegli artisti che dopo essere stato incensato sparisce dopo una settimana".