Cristicchi narra l'Esodo istriano Oggi a Riva e domani ad Ala

di Fabio De Santi

Un racconto per voce, parole e immagini attraverso il quale una dolorosa pagina di storia diventa poesia e struggente ricordo. Così è stato definito Esodo lo spettacolo teatrale scritto e interpretato da Simone Cristicchi proposto stasera, mercoledì, al Palacongressi di Riva, alle 21 e domani, giovedì, ad Ala sempre alle 21 al Teatro Sartori , per quello che è il recupero della data inizialmente prevista per lo scorso marzo e poi rinviata per il lockdown.

Cristicchi in «Esodo» racconta una parte della nostra storia che per anni è stata ritenuta da molti "scomoda" e anche per questo il suo spettacolo è stato spesso accompagnato da polemiche bipartisan.

La storia di «Esodo» si lega al Porto Vecchio di Trieste dove si trova un "luogo della memoria" particolarmente toccante: il Magazzino n° 18. «Un luogo – ha raccontato il cantautore – che ricorda una pagina dolorosa della storia d'Italia, di una vicenda del nostro Novecento mai abbastanza conosciuta, e se possibile resa ancor più straziante dal fatto che la sua memoria è stata affidata non a un monumento ma a tante, piccole, umili testimonianze legate alla quotidianità».

Il Magazzino n° 18 conserva sedie, armadi, stoviglie, fotografie, giocattoli, ogni bene comune nello scorrere di tante vite interrotte dalla storia, e dall'Esodo: con il Trattato di Pace del 1947 l'Italia perse vasti territori dell'Istria e della fascia costiera, e circa 300 mila persone scelsero di lasciare le loro terre natali destinate a non essere più italiane. Cristicchi prova qui a raccontare lo stato d'animo di queste persone, il loro stato d'animo, con quale e quanta sofferenza intere famiglie impacchettarono le loro cose lasciandosi alle spalle le case, le città, le radici: davanti a loro difficoltà, paura, insicurezza, e tanta nostalgia.

Sulle sfumature politiche di «Esodo» in un'interessante intervista a Ilteatrodipulcinella.it Cristicchi ha voluto precisare: «Il mio non è uno spettacolo di parte. Basti pensare che cito per buona parte della trattazione storica i metodi del fascismo in queste terre. Io ho puntato a raccontare le "piccole memorie". Ecco perché Magazzino 18, perché le piccole memorie fanno la grande storia. Lo spettacolo parla più di una malinconia di chi è costretto a lasciare la propria terra. Quindi mette in evidenza il lato emotivo dell'esodo che su quello storico. All'inizio rispondevo anche alle critiche, giustificando le mie scelte. Ma io sono principalmente un narratore e in questo ostacolo ho reputato giusto dare la mia voce a chi aveva vissuto questo dolore e il dolore, a mio avviso, non ha colore politico».

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