«Il fungo alla fine del mondo», esce per Keller un libro cult (ma non è per micologi)
La casa editrice roveretana pubblica questo corposo saggio dedicato ad una specie di miceti giapponesi: un volume di ricerca antropologica dove alla fine il capitalismo viene messo in croce
TRENTO. Era ora che qualcuno ci pensasse. E sono felice che l’abbia fatto la casa editrice Keller di Rovereto, che apprezzo da anni per le scelte che fa. Pubblicare in italiano «Il fungo alla fine del mondo» di Anna Lowenhaupt Tsing è un’opera meritoria (con la traduzione dall'inglese di Gabriella Tonoli. Ma vi vorrei avvertire con un piccolo spoiler: non è un libro di micologia. Anche se parla di un fungo.
Questo libro, che ormai è un leggendario saggio a livello mondiale, parla infatti del fungo matsutake. Ma soprattutto parla del suo commercio nel mondo, e della complicata ma significativa catena dal raccoglitore al cliente, che genera profitti per milioni e milioni di dollari all’anno.
Il fatto è che il fungo matsutake è un «cult» in Giappone. Fino a vent’anni fa si credeva che crescesse solo nel Paese orientale. Quando poi i micologi ne hanno trovato delle colonie in Norvegia, c’è stata pure una piccola guerra nazionalista sul nome scientifico (hanno vinto i giapponesi, si chiama matsutake in tutto il mondo). E infine, si è scoperto che ci sono matsutake in grandi quantità nelle gigantesche foreste di sequoie dell’Oregon, Stati Uniti Occidentali. E lì è successa una cosa imprevedibile: visto che il fungo, in Giappone, è quasi introvabile (anche per colpa dei cambiamenti climatici e dell’antropizzazione), ma è richiestissimo (un vero status symbol), ed il suo valore sul mercato è stratosferico, nelle foreste dell’Oregon sono sorte delle comunità di cercatori, ed in gran parte si tratta di rifugiati cambogiani o vietnamiti eredi di quei combattenti Hmong che furono dalla parte yankee contro i viet-cong, i quali vendono a intermediari americani, che riforniscono grandi mercanti cinesi, che li vendono in Giappone dove arrivano in poche ore con jet-cargo.
Anna Lowenhaupt Tsing analizza – con l’occhio dell’economista ecologista – questa singolare catena basata fra l’altro su un sistema di “pricing” degno di nota, che include il cosiddetto «prezzo di riserva»: alla fine della notte di contrattazioni (in baracche sul bordo dell’autostrada al limite della foresta) ogni intermediario è tenuto a pagare ai raccoglitori il prezzo più alto che si è registrato in tutto l’accampamento.
Il libro, quindi, parla esattamente di questo: l’economia mondiale, il fatto che il lavoro oggi sia “liquido”, che la manodopera sia “irregolare” ma indipendente, il funzionamento delle Borse e in generale il deragliamento totale di un sistema che è destinato a soccombere. Una critica feroce al capitalismo, alla fine, dal punto di vista della (in)sostenibilità.
Nel volume c’è di tutto: l’autrice passa dei lunghi periodo negli accampamenti dell’Oregon, e il racconto è come una immersione in un Far West contemporaneo: a cercare matsutake non sono solo profughi asiatici, ma anche solitari cercatori americani insofferenti ad ogni forma di governo ed autorità, suprematisti bianchi in fuga, post-hippy esperti in micologia allucinogena e via dicendo. Tanto per capirci: in queste zone verrete accolti da guardie armate di fucili d’assalto, ma la polizia non vi ha accesso (e se ne sta alla larga).
Un libro affascinante, perché Anna Lowenhaupt Tsing è una antropologa, docente universitaria, e presso la Aarhus University in Danimarca codirige l’aura (Aarhus University Research on the Antropocene).
Infine c’è anche di che soddisfare il palato dei fungaioli: è vero, si parla anche dei funghi, cioé del carpoforo del matsutake. Habitat, capacità adattative, riproduzione e simbiosi.
Insomma: grazie a Keller per questa meraviglia. E un consiglio: è un volume impegnativo, ma vale la pena portarselo in vacanza. Vi darà filo da torcere, ma anche vi farà pensare.
Ho spoilerato troppo? No, nel volume c’è molto molto di più.