Le contaminazioni sonore dei C' Mon Tigre sabato 25 settembre a Sant'Anna di Sopramonte per il Monte Bondone Green Festival
L'intervista al duo che proporrà un live luminoso giocato sulle composizioni del loro ultimo disco "Racines"
TRENTO. Immaginatevi un cantiere aperto dove bassi e chitarre dialogano con fiati, synth, percussioni, vibrafoni, immergendo l'ascoltatore in un viaggio sonoro sensuale e ipnotico. Il cantiere è quello dei C'Mon Tigre il duo che parte dall’elettronica per arrivare al suono acustico atteso in concerto sabato 25 settembre, alle 15 a Sant’Anna di Sopramonte nell'ambito del Monte Bondone Green Festival. Un live che si annuncia pieno di sorprese giocato anche sui dieci brani del loro ultimo album “Racines”
Iniziamo dalla vostra sigla: perché C'Mon Tigre?
"Questo nome ha un’origine un tantino bizzarra: è nato da un jet-lag, da una notte in cui è uscito questa specie di mantra che è stato fissato in un brano nel nostro primo disco che ripete ossessivamente “c’mon tigre”. Oltre a piacerci il tipo di suono di queste parole siamo affascinati dal collegamento con l’animale".
Da sempre vi muovete fra tradizione e sperimentazione.
"Nella nostra musica ci sono tutte le influenze e gli ascolti che fanno parte delle nostre vite. Abbiamo ascoltato anche molti artisti stranieri dai quali abbiamo assorbito elementi di tradizione e canoni che poi sperimentando abbiamo fatto nostri. La contaminazione e l'apertura verso gli altri generi è totale, musicalmente siamo degli onnivori, ma lo facciamo sempre con sommo rispetto. La creazione di un brano musicale può partire da diversi aspetti, non abbiamo uno schema fisso. Può nascere dalle ritmiche, dall'aspetto un po’ tribale che muove i pezzi, dall'elettronica che abbiamo approfondito soprattutto in “Racines” rispetto al primo disco".
Attorno a voi due orbitano in sala di registrazione diversi altri musicisti: è giusto definirvi una sorta di collettivo?
"Suonare con altri musicisti e allargare sempre più la cerchia dei collaboratori è proprio il carburante di un progetto come il nostro, è il nostro valore fondante. C'mon tigre è una stanza aperta sotto tanti punti di vista, spendiamo anche molto tempo a realizzare la parte visuale dei nostri lavori. Ci piace molto vedere come gli altri possano interpretare, cambiare e aggiungere a quanto fatto da noi".
Come definireste allora i vostri show?
"Mi auguro davvero che siano dei live luminosi. Cerchiamo sempre di trasmettere qualcosa di buono per far sì che da un nostro concerto si esca arricchiti in maniera costruttiva. Credo che sia questa l’utilità della musica in questo momento storico particolarmente difficile. Dal vivo non siamo solo noi due ma siamo sempre accompagnati da altri musicisti, al momento sul palco siamo in sei".
Quale la maggiore differenza fra i vostri live e la dimensione in studio?
"Per Racines, che è un disco con una struttura abbastanza importante, siamo riusciti in linea di massima a riproporre il disco senza molti cambiamenti, non c’è molta differenza col live se non ovviamente una parte un po’ più sporca, più ruvida che dà quel quid in più della dimensione live".
A quando il seguito di "Racines"?
"Il nostro ultimo lavoro è uscito due anni fa, finora siamo stati abbastanza lenti nella nostra produzione perché tra il primo e il secondo album sono passati cinque anni. Stiamo cercando di accelerare un po’ e siamo già nella fase di produzione col prossimo disco".