Sold out per Guè Pequeno al Teatro Sociale, dall’amore per l’hip hop all’album “Madreperla”
Il rapper milanese nello spazio del FuoriFestival: “Questo disco è pensato più alla cultura che all'hype, al momento. Ho messo dentro tutte le mie influenze, dagli inizi a oggi. E' un disco un po' vintage. Dopo tutta questa cultura però il prossimo sarà un disco commerciale”
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TRENTO. Sold out al Teatro sociale per il rapper Guè Pequeno. Con la formazione dei Club Dogo, Guè ha scritto nel primo decennio degli anni duemila alcune delle pagine più importanti dell’hip hop italiano. Una storia la sua davvero ricca di produzioni e cambiamenti, l’ultimo legato al suo nome d’arte da Guè Pequeno al solo Guè, tratteggiata ieri sera nello spazio del FuoriFestival, nell’ambito del Festival dell’Economia.
Dopo aver proposto alcuni brani live nell’incontro “Madreperla: una dichiarazione d’amore all'hip hop" incalzato dalle domande di Marta Cagnola, giornalista e conduttrice di Radio 24, Guè ha raccontato i contorni del suo ultimo cd “Madreperla”, la sua passione per il rap e la voglia di mettersi sempre in gioco.
Ragazze e ragazzi hanno affollato la platea del Sociale, assistendo al live del rapper, accompagnato da un dj, di una ventina di minuti. Cellulari spianati e tutto il teatro a cantare le rime di alcuni dei suoi maggiori successi come “Nulla accade”, “Chico”, “Mi hai capito o no?”, “Veleno”, “Brivido”, “Mollami Pt.2”, “Cookies N’Cream” e "Love". Oltre la musica Guè ha raccontato il suo amore per l’hip hop: “Tutto nasce dalla passione per questa musica. Nonostante le controversie resto sempre un appassionato e devo tutto a questa passione. Diventare un artista mi ha cambiato la vita, mi ha permesso di girare il mondo, mi ha aperto la mente e mi ha permesso di conoscere tanta musica diverse”.
Riguardo al nuovo disco invece il rapper milanese ha spiegato: “Non tutti capiscono le citazioni o il campionamento, ma va bene così perché la musica è per tutti, anche per chi non coglie i riferimenti. Questo disco è pensato più alla cultura che all'hype, al momento. Ho messo dentro tutte le mie influenze, dagli inizi a oggi. E' un disco un po' vintage. Dopo tutta questa cultura però il prossimo sarà un disco commerciale”.
Fra le doti di Guè quella legata allo storytelling: “Mi affascina ricreare delle immagini. Essendo molto appassionato di cinema, non potendo portare avanti quella passione, attraverso delle strofe che apparentemente non parlano di niente però costruiscono delle immagini e ti ritrovi se sai leggere tra le righe come in un quadro”. Interessante la posizione di Guè sulle difficoltà delle donne di emergere nella scena rap: “In Italia per le ragazze è sempre stato difficile. Da una parte ci sono molte influencer che cercano di rappare, di fare trap e di sfruttare l'immagine. Ma per avere una carriera non basta essere primi su Tiktok. Il caso di Anna che è diventata famosa con un pezzo, poi si è riscattata e credo abbia una possibilità di carriera lunga”.
Sul suo ruolo di produttore invece Guè ha raccontato:“ Di aver avuto sempre attenzione per i giovani. Ho avuto un'etichetta indipendente tra i primi. Credemmo tra i primi in Ghali ed Ernia che erano uno dei primi gruppi interrazziali in Italia: un'argentina, un italiano e due arabi. Il loro stile era odiatissimo perchè troppo avanti. Avevamo un sacco di haters ma ora tutti fanno così. Ora non mi interessa però farlo di mestiere, non credo sia possibile, non mi ci vedo ad avere un'etichetta e avere a che fare con dei diciottenni che magari mi rispondono male. E' meglio che lo facciano persone come il mio manager”.