Matteo Mancuso: «Il mio jazz che affonda le radici nella potenza del rock»
Intervista con la stella nascente del panorama internazionale, che sarà protagonista, questa sera, giovedì 10 agosto, al Castello di Arco, di uno degli eventi più attesi del Garda Jazz Festival
TRENTO. In poco tempo il suo nome, come enfant prodige della chitarra, ha già fatto il giro del globo. La sua tecnica chitarristica unica sconvolge per la precisione e spazia nei vari generi musicali con totale disinvoltura.
Viene presentato così Matteo Mancuso, ventisei anni e stella nascente del jazz rock internazionale, il protagonista, questa sera, giovedì 10 agosto, al Castello di Arco, alle 21, di uno degli eventi più attesi del Garda Jazz Festival come dimostra anche il sold out già fatto registrare in prevendita.
Di lui una leggenda della chitarra come Al Di Meola ha detto, “Un talento assoluto: anche per uno come me ci vorrebbero due o tre vite per imparare a improvvisare così bene alla chitarra come fa lui”, e noi lo scopriamo in questa intervista.
Matteo Mancuso, da dove nasce la sua passione per la chitarra?
"Ho iniziato a suonare più o meno a dieci anni, questo grazie a mio padre e a alla mia famiglia dove, se pur in maniera diversa, tutti suonano uno strumento, tranne mia madre che canta. Mio padre, oltre ad essere un chitarrista, è stata la mia guida all’ascolto. È stato lui a farmi scoprire tanti gruppi che hanno segnato la mia formazione".
Scopriamo subito le carte: quali sono i suoi miti in assoluto?
"Le mie radici sono nel classic rock, quindi Led Zeppeling, AC&DC, The Purple e Jimmy Hendrix, che mi ha fatto innamorare della chitarra elettrica. Poi piano piano è arrivato l’interesse per il jazz e per la musica più colta, ma mi è sempre piaciuto spaziare fra i generi. Fra i miei punti di riferimento di oggi per me è imprescindibile Pat Metheny, sia dal punto di vista compositivo che chitarristico. Un altro è sicuramente Eric Johnson, senza dimenticare Scott Henderson".
La sua prima band gli Snips uniscono jazz, rock e fusion: termini musicali in cui lei si riconosce anche oggi?
"Quello che suono oggi è piuttosto difficile da mettere in una scatola legata ad un genere, perché ho ascoltato talmente tante cose diverse che si sono fuse fra di loro. Diciamo che il mio sound affonda le sue radici nel rock, perché è la musica con cui ho iniziato. Ho bisogno di avvertire la potenza e la spontaneità del rock, altrimenti la mia musica soffre della loro mancanza".
Quale è il suo approccio nella composizione di brani originali?
"Tutto dipende da come prende forma un brano: a volte in sala prove con i ragazzi della mia band, a volte da solo con la chitarra classica, altre volte nascono dal desiderio di “copiare” i brani che mi sono piaciuti, finendo per essere qualcosa di completamente diverso. Dipende dal mood e dall’ispirazione del momento. Nello scrivere brani non ho mai un obiettivo del tutto chiaro, dipende da cosa succede in corso d’opera".
Si aspettava questo successo a livello internazionale?
"Vivo questo momento in modo abbastanza sereno. Mi ritengo fortunato nell’aver trasformato la mia passione per la musica in un lavoro, cosa non semplice nel mercato discografico di questi anni. Poter viaggiare in tutto il mondo suonando per me è una grande soddisfazione e il coronamento di un sogno".
È appena uscito il suo primo album The Journey: cosa ha raccolto in questo disco.
"The Journey significa il viaggio ed è ovviamente un titolo riferito ai viaggi musicali degli ultimi quattro anni. È un album variegato perché rappresenta gli stili e le influenze che attraversano la mia musica e la mia evoluzione compositiva degli ultimi anni.Nei veri brani si avverte una marcata differenza perché sono stati scritti in momenti diversi. Quando è uscito questo disco (sorride Matteo Mancuso, ndr) mi sono levato un peso perché in molti attendevano questo mio debutto".
Fra le sue esperienze il duetto con il chitarrista statunitense Al Di Meola: come è stato suonare con lui?
"Fantastico, un sogno ad occhi aperti. È stato tutto molto improvvisato perché abbiamo deciso di suonare insieme il giorno stesso e per me è stato incredibile suonare con Al Di Meola alcuni dei sui pezzi che io ascoltavo quando ero ragazzino. Davvero un sogno diventato realtà" .
Chiudiamo con il live di stasera ad Arco in una location sold out...
“Insieme a me ci saranno altri due musicisti, quindi suonerò in trio con basso e batteria, in un live incentrato quasi interamente sul mio disco, con qualche tributi ad alcuni dei chitarristi che mi hanno maggiormente influenzato, fra cui Alan Holdsworth, Jaco Pastorius e i Weather Report. C’è tanta varietà anche nei miei live”.