Gigliola Cinquetti a Trento: "Qui mi sento di casa"
Parla la celebre cantante che questa sera, martedì 12 marzo, sarà in concerto al teatro Sociale per l'apertura del nuovo tour insieme ai musicisti del Conservatorio cittadino Bonporti. "Un racconto che in qualche modo è partito dal mio libro A volte si sogna: episodi e momenti della mia storia legati alle canzoni..."
TRENTO. Gigliola Cinquetti ha scelto Trento per aprire il tour che segna il suo ritorno nei teatri. Una delle voci storiche della canzone italiana sarà infatti in concerto martedì 12 marzo, alle 20.30, al teatro Sociale per celebrare i 15 anni della Fondazione Cassa Rurale di Trento Gigliola Cinquetti che ha cantato il suo grande classico “Non ho l’età” sul palco dell’ultimo Festival di Sanremo proprio nella serata conclusiva si è affidata tramite il suo manager Michele Muscimarro per la produzione del tour al produttore trentino Giuseppe Putignani.
La Cinquetti, come ci racconta in questa intervista, proporrà un viaggio attraverso sessant’anni di canzoni accompagnata da un'orchestra formata da alcuni dei migliori diplomati del Conservatorio G. Bonporti di Trento.
Gigliola Cinquetti, iniziamo da Sanremo: che emozione è stata per lei ritorna sul palco dell’Ariston a sessant’anni di distanza da “Non ho l’età”?
“È stato bellissimo, un riconoscimento pieno di significati perché ovviamente i 60 anni sono una distanza vertiginosa ed è una grande soddisfazione vedere come questa canzone abbia lasciato un segno. Non capita a tutti, non capita tutti i giorni e forse non è mai capitato che uno stesso cantante canti lo stesso pezzo sullo stesso palco a sessant’anni di distanza. Quindi ero molto felice ed emozionata per mille motivi: per me stessa, il mio percorso, il rapporto con il pubblico che si è modificato nel corso del tempo. Il successo all’inizio porta con sé inevitabilmente una componente modaiola, di fanatismo mentre poi il tempo ti regala una dolcezza, una pacatezza che è meravigliosa. L’affetto è qualcosa di magico e questo brano ha permesso di esprimerla sia a me sia al mio pubblico”.
Come ha fatto da giovanissima a reggere l’urto di quel grande successo?
“Avevo due famiglie vicino: la mia e la casa discografica. Ho vissuto sicuramente in un ambiente protettivo, la mia casa discografica ha avuto un atteggiamento tutt’altro che arido: mi ha dato molte attenzioni in quanto artista giovanissima, mi è stato dato lo spazio per le mie scelte di vita come quella di rimanere a Verona e continuare a frequentare la scuola e non era del tutto scontato questo rispetto che io pretendevo. Poi come in tutti i rapporti di lavoro ci sono scelte più o meno condivise ma questo insomma rientra nell’ordine delle cose. Sono stata molto fortunata e mi sento di dire grazie a tutte queste persone”.
Veniamo al presente e al suo tour nei teatri: che spettacolo sta nascendo?
“Lo stiamo pensando insieme a mio marito che da sempre è autore e regista delle mie scalette e dei miei spettacoli. Sono in contatto continuo con il maestro Roberto Molinelli per gli arrangiamenti, poi ci sono questi musicisti del conservatorio di Trento che non vedo l’ora di incontrare. Il mio agente sta organizzando il tutto e posso dire che è una bellissima scaletta, la struttura sarà un racconto che in qualche modo è partito dal mio libro A volte si sogna ma non racconterò proprio le stesse cose perché di episodi, di momenti della mia storia legati alle canzoni ce ne sono tanti. Sarà un racconto fatto di parole, di monologhi, anzi direi dialoghi perché è uno spettacolo dialogante che prenderà forma anche in base all’interazione col pubblico. So che nessuna replica sarà identica all’altra”.
Lei è stata a Trento anche venerdì 8 marzo alle 17 all'Officina dell'autonomia in via Zanella, in un dialogo con Quinto Antonelli.
“A Trento mi sento di casa, è vicinissima a Verona dove sono nata e cresciuta e alle meravigliose montagne che ho frequentato da ragazza quando ero anche iscritta al Cai e quindi non è un caso che il mio tour teatrale parta da lì. Ho donato al Museo storico di Trento molti dei miei cimeli, fra cui vestiti, accessori e riviste d'epoca insieme a 150.000 lettere dei miei fan arrivate da ogni parte del mondo che ora fanno parte della sezione legata alla scrittura popolare e che sono servite per studi e tesi di laurea”.
Sessant’anni di musica e spettacolo: cosa la emoziona ancora nel cantare e nell’incontro con il pubblico?
“È un’emozione sempre nuova perché sono sempre diversa da quella che ero l’anno scorso e così via. Mi accorgo che ad ogni spettacolo io sono un’altra e credo che questo sia un segno che non mi è mai piaciuto attenermi a un cliché. Sono entusiasta di incontrarmi col pubblico italiano perché per molto tempo ho fatto teatro ma sempre all’estero e quindi avevo questo desiderio di tornare a casa perché mi dicevo “forse in Italia non sanno neanche come canto” visto poi che il teatro è un’altra cosa rispetto alla televisione, è un diverso modo di esprimersi”.
Lei ha venduto oltre venti milioni di copie dei suoi dischi: che effetto le fa la musica di oggi che è più virtuale rispetto al passato e in cui la stessa idea di album è in crisi?
“Adesso i like o gli streaming vengono in qualche modo equiparati alla vendita di un disco ma non è proprio la stessa cosa. Il riscontro adesso è più frammentato perché non si riferisce più a qualcosa di preciso anche numericamente ma si relaziona a una serie di elementi molto più impalpabili. Inoltre oggi ci sono molti concerti dal vivo con grandi masse di persone che prima non esisteva, nessun cantante si esibiva negli stadi ma in teatro. È tutto un altro mondo che di conseguenza crea un prodotto musicale diverso. Per me non è né meglio né peggio è semplicemente un’altra cosa ed è normale che sia così”.