Teatro / Intervista

Gioele Dix: «Il mio omaggio a Gaber, la figura che più mi ha influenzato»

Parla l'attore che questa sera, 3 luglio, alle 20.45, andrà in scena nella rassegna Pergine Festival «Ma per fortuna che c’era il Gaber. Viaggio tra inediti e memorie del Signor G»

di Fabio De Santi

TRENTO. Un insolito itinerario all’interno del teatro canzone di Gaber e Luporini, in cui si intrecciano brani conosciuti del loro repertorio con musiche e testi variamente inediti: versi mai musicati, canzoni mai eseguite dal vivo, monologhi abbozzati e mai completati.

È quello proposto dall’attore Gioele Dix nello spettacolo «Ma per fortuna che c’era il Gaber. Viaggio tra inediti e memorie del Signor G» che apre, questa sera, 3 luglio, alle 20.45, la serie di eventi previsti al Parco Castel Pergine del cartellone della rassegna Pergine Festival 2024 (Ma lo spettacolo si terrà al Teatro Comunale per il rischio pioggia). Ne abbiamo parlato con l’artista di Milano in scena nella doppia veste di attore e di cantante.

Gioele Dix, perché un omaggio a Giorgio Gaber?

«Per diversi motivi sia artistici, sia personali. Quella di Gaber è stata forse la figura che più mi ha influenzato non solo per quello che cantava e diceva nei suoi spettacoli, ma anche per la sua energia e fisicità particolare. Vederlo sul palco era un’esperienza toccante e per me, che ero ragazzo ma accarezzavo già l’idea di calcare un palcoscenico, lui era un modello».

Una figura che manca molto allo spettacolo italiano.

«Sì, anche questo omaggio è in fondo una reazione al dolore per un uomo che è scomparso molto presto, a 64 anni. Un artista che aveva ancora molto da dire, nato come interprete di canzoni ironiche, lui arrivava dal mondo del jazz, dal cabaret e dal blues, ha avuto il coraggio di abbandonare la carriera di cantante e di reinventarsi come autore e attore di teatro».

Cosa ha scoperto di Gaber nel preparare questo viaggio nel suo mondo?

«Visto che ero un suo fan sfegatato (sorride Gioele Dix n.d.r.) conoscevo un po’ tutto di lui. Per preparare lo spettacolo mi è stata di grande aiuto la Fondazione Gaber che mi ha fatto “sbirciare” nei suoi cassetti, dove ho trovato magari dei testi che non erano ancora completi, di canzoni che non ha mai inciso o che magari Gaber aveva proposto solo in una tournee per poi abbandonare. Non ho fatto quindi scoperte clamorose, ma ho trovato la conferma della sua grande capacità di scrivere e il suo coraggio, insieme a Luporini, di continuare a creare testi e musiche, che spesso poi sono rimaste in bozza».

Quanto c’è di Sandro Luporini e delle sue citazioni di Céline, Borges, Robbe-Grillet o Proust, in Gaber?

«Moltissimo, loro avevano trovato un’alchimia unica e meravigliosa. Gaber si "sobbarcava" il compito di andare davanti al pubblico, mentre Luporini era uno che non amava per niente la ribalta, preferiva stare nelle retrovie. Luporini è sempre stato quell’occhio distruttivo/costruttivo sul mondo, che poi si confrontava con la visione di Gaber».

Come si troverebbe nel mondo di oggi Gaber?

«Probabilmente avrebbe guardato con curiosità i social, trovandone magari anche ispirazione. Gaber comunque aveva già previsto tutto, come si può anche dedurre dal testo di alcune sue canzoni. Dalle multinazionali, alla quasi totale assenza di contatti umani. In ogni caso sapeva bene che saremmo diventati o più poveri o più ricchi, ma di certo sempre più imbecilli».

Lei ha avuto occasione di conoscerlo?

«Sì, l’ho incontrato per la prima volta casualmente in un albergo, quando ero già un attore conosciuto. Io ero paralizzato e quasi intimidito davanti a lui che invece si è girato e si è presentato. Ci siamo visti anche in altre occasioni, non si può dire che fossimo amici, ma ho sempre trovato in lui una persona attenta ed empatica come solo i grandi sanno essere».

Gioele Dix, «Ma per fortuna che c’era il Gaber», Teatro Comunale, questa sera ore 20,45. Biglietto 20 euro.

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