Musica / Intervista

Articolo 3ntino, il segreto del successo: «Siamo amici, e ci divertiamo, per farvi divertire»

Mercoledì 31 luglio a Trento, con la Banda di Lavis, per un concerto poderoso. Roberto Laino ci racconta la storia del gruppo, dai Kaneva Saund ai Teroldeg Stones, e i Rolling fecero scrivere dall’avvocato

di Gigi Zoppello

TRENTO. Il concerto di questa sera a Trento (al Teatro Capovolto, piazza Cesare Battisti, ore 21) è per certi versi storico: sul palco non solo la band più longeva e popolare del Trentino (gli Articolo 3ntino, appunto, che fanno 30 anni di vita), ma anche la Banda Sociale di Lavis, con una cinquantina di elementi diretti dal maestro Adriano Magagna. Un mix fra serio e faceto, una imboscata nel territorio del nonsense, una immersione nel più puro e genuino spirito goliardico trentino. Ne abbiamo parlato con Roberto Laino, inossidabile frontman del gruppo.

Laino, com'è nata l'idea di un concerto con la Banda di Lavis?

«Devo dire che è stata un'idea loro, del Maestro Magagna. Noi eravamo scettici, all'inizio, ma Magagna è un metallaro, aveva già fatto esperimenti di concerti con la Banda che suonava pezzi goth-metal scandinavi. Io non sapevo cosa dire, in verità non frequento musicisti e conosco poco l'ambiente e i generi. Io nella vita faccio il meccanico».

Però Magagna ha insistito, e fra l'altro si sobbarca l'immenso lavoro di trascrivere le parti musicali per 50 elementi…

«È un furetto, è sempre pieno di energia, è sempre in attività. Fra l'altro, pure lui non è un professionista, e la mattina dopo va a lavorare come tutti. L'idea ci venne anni fa, e si fecero due concerti al Parco Urbano di Lavis. E adesso abbiamo deciso di riproporlo, con un aggiornamento del repertorio. Il Primo Maggio al concertone dei sindacati è stato un trionfo...».

È ancora scettico sulla proposta?

«Devo dire: mentre siamo sul palco, io devo stare concentrato sui miei, e ascolto solo quello. Poi mi hanno fatto ascoltare la registrazione del concerto, e lì ho sentito la potenza della Banda e il risultato era straordinario».

Laino, quante prove fate, come gruppo?

«Una».

Una alla settimana?

«No, una, ad aprile, l'unica dell'anno, prima di partire con le date estive. Ormai suoniamo insieme da una vita».

E poi, un tour del Trentino davvero intenso…

«Siamo sempre pieni di date, non so come faccio a reggere: da qui a settembre non abbiamo un attimo di pausa e nella settimana di Ferragosto abbiamo quattro concerti in fila».

Ed è così da decenni?

«A dire il vero abbiamo visto un po' di calo intorno al 2013-2014. Ma poi è ripreso come prima ed anzi di più: era successo che si era realizzato il cambio generazionale. Ma è bello vedere che tutte le generazioni tornano a sentirci: adesso abbiamo il nipotino che canta le nostre canzoni, insieme al papà e anche il nonno. È fantastico».

Le vostre canzoni sono fatte da una melodia di un famoso cantante mondiale, ma con i testi in dialetto trentino. Come le scrivete?

«Se trovi una bella canzone, con un bel ritornello facile e accattivante, l'80 per cento è fatto. Poi per i testi ci troviamo e li buttiamo giù insieme. All'inizio li scrivevo io con mio fratello Gianandrea, ma alcune canzoni hanno l'apporto decisivo di Renato Labalestra, di Pietro Cappelletti e di altri amici. Per dire: "Dame en pom Gioana", un cavallo di battaglia, è "Give me hope Johanna" di Eddy Grant, l'intuizione la ebbe Fabio De Pretis. E Sergio Tessadri, nostro tastierista per 20 anni, era un formidabile autore di testi. Oggi il gruppo è formato da me, da Renato Labalestra e Pietro Cappelletti, con Nicola Conci alla chitarra e Max Vit alla batteria. La verità è che siamo anche un formidabile gruppo di amici. L'importante è non prenderti sul serio. Anni fa facemmo una canzone, che era anche bella, sui politici ed i vitalizi, con tanto di nomi e cifre. Un flop. Quando facciamo gli impegnati, non va. La gente da noi non vuole roba seria».

Questa formula viene da lontano, però.

«Io facevo il dj e avevo un programma a Radio Punto Blu, insieme a Mario Cagol (Supermario), la trasmissione si chiamava "Il boschetto della felicità" te poi capir... Iniziammo lì a fare le canzoni cambiando il testo in trentino. Fu un successo. Per ridere, dicevamo alla radio "Andate a comprare il disco di questo fantastico gruppo". E la gente correva nei negozi di dischi a chiederlo. Ma ovviamente non esisteva nessun disco, e i negozianti erano stufi di questa rottura di scatole».

Eravate i Kaneva Saund!

«È nato tutto per sbaglio e per scherzo. Visto che la gente voleva il disco, facemmo qualche centinaia di cassette audio, lo dico perché ormai il reato è prescritto, e si vendevano quelle. E da lì iniziarono a pressarci perché andassimo a fare i concerti. Siccome avevamo vergogna, ci presentavamo con due barbe finte come gli ZZ Top, e tre coriste vestite da vendemmia, con el grembial e l'orel, una era mia sorella. Tutto in playback. Ma funzionava».

Dai Kaneva alla prima vera band: i Teroldeg Stones.

«Fu un salto in avanti, uscì la prima cassetta ufficiale con i pezzi più belli, si intitolava "Gardol" e c'era dentro - per dire - Tullio Pinter ed altri pezzi diventati poi famosi. Fu un delirio, un patatrac, ci chiamavano per quattro o cinque concerti a settimana».

E vero che i Rolling Stones volevano denunciarvi?

«Diciamo che ricevetti una lettera dal loro ufficio legale di Londra. Volevano sapere quanti milioni di dischi vendevamo e in quanti Paesi del mondo. Risposi dicendo che eravamo solo una cover band e allegando una fotografia di una bottiglia di Teroldego e una cartina geografica in cui dichiaravo che il nostro mercato andava da Salorno a Rovereto. Morta lì».

Poi si arriva agli Articolo 3ntino. Anno 2000.

«Sì, nuovo nome e nuova avventura. Una escalation continua, da 24 anni. Devo dire che non abbiamo mai avuto ambizioni di gloria, e questo è il bello: siamo degli amici che si divertono a cazzeggiare e che stanno bene insieme sul palco come fuori. L'importante per noi è divertirci, e far divertire. Se lo prendi come un lavoro e sei ossessionato dal dover far divertire a tutti i costi, è finita. Un lavoro non è divertente, e se non ti diverti tu, non diverti il pubblico. Abbiamo visto tanti che si montano la testa e finiscono male. Noi, credo, abbiamo trovato un equilibrio, che è fantastico.

Sai chi ammiro davvero tanto? I "Bastard Sons of Dioniso", sono dei grandi ed hanno fatto la scelta giusta, con i piedi per terra e senza montarsi la testa. Hanno capito tutto e io li stimo tantissimo».

Ma come ve la cavate con la Siae? Voi suonate canzoni di gruppi e autori mondiali?

«La nostra musica non è depositata, e non siamo iscritti alla Siae. Qualche anno fa ci convocarono alla Siae di Venezia, e ci dissero: come la mettiamo? Risposi: prendete ad esempio Gioana, come faccio a mettere sul borderò Gioana di Eddy Grant? Noi facciamo solo cover, mettendo un testo in dialetto. E quindi alla fine sui borderò Siae mettiamo il titolo e l'autore originali. Quindi "Tullio Pinter" è "Lupin Lupin" di Baldazzi... e avanti così. Però questo ci espone al risvolto della medaglia: se uno volesse incidere Tullio Pinter in versione trentina, non potremmo farci nulla. Non è depositata. Pensate che la nostra canzone più ascoltata è "La canzone dei canederli».

Quello che tu chiami "il vero Inno del Trentino".

«Sì: è una canzone di Marcello Voltolini, ma il mistero è fitto, c'è chi dice che il testo era anche di Enrico Goio: su YouTube ha 650 mila visualizzazioni, e pensare che non l'abbiamo nemmeno caricata noi. Voltolini non la depositò, noi non l'abbiamo registrata, ed è una hit eccezionale...»

Stasera suonate a Trento. È diverso che nelle valli?

«A Trento suoniamo pochissimo, non ci chiamano. La nostra fortuna sono i paesi e paesini, le sagre, dove abbiamo bambini e famiglie intere sotto il palco a cantare con noi. Ma anche a Trento vivremo il calore della gente e daremo il massimo».

Lo sapete, vero, che gli Articolo 3ntino sono la vera identità culturale di questa terra?

«Ogni tanto penso che queste canzoni ci sopravviveranno, e questa è la cosa bella. Io mi emoziono a vedere su Facebook i filmati dei trentini in vacanza all'estero. Il trentino non è musone, ha solo bisogno di una spintarella, ma quando è in ferie si scatena, e vedi nei karaoke dei villaggi, magari a Cuba, che partono a cantare “Gioana dame en pom" a squarciagola, tanto nessuno li capisce. Quando vedo video di gente che al villaggio turistico canta "Panda a 90", è una soddisfazione grandissima. Siamo fatti così».

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