C'è la crisi, tornano di moda i "vecchi" lavori
Quarant’anni fa, solo a Nago i calzolai erano quasi venti. Ora si assiste ad una «riscoperta» del mestiere. La crisi, meno soldi in tasca per le scarpe nuove. E allora cambiano anche le richieste al calzolaio. Nel senso che la qualità delle calzature che arrivano da lui in riparazione è notevolmente più bassa - spiegano gli artigiani trentini - di una volta. Capita sempre più spesso insomma di riassettare e risuolare scarpe acquistate a prezzi irrisori solo un paio di settimane prima. «Un tempo - dicono - un buon paio di scarpe era più dispendioso ma il prodotto, e quindi anche i tipi di lavorazione, erano completamente diversi». Insomma, non tutto il male vien per nuocere. E il «ciabattino» torna a lavorare...
ALTO GARDA - Un salto nella storia di poco più di 40 anni. Siamo nel 1970 e nell'allora Comune di Nago ancora si contavano ben 17 calzolai. Non è passato remoto ma erano comunque altri tempi.
Oggi, in tutto l'Alto Garda sono rimasti solamente in tre: il veterano Giuseppe Bertoldi di Nago, meglio conosciuto come Bepi, Mauro di Arco, Giancarlo e Graziano Zanetti, in gestione familiare a Riva del Garda. Storicamente annoverato nella categoria dei cosiddetti mestieri poveri, oggi la figura del calzolaio viene investita di un fascino particolare.
Sempre più rara e preziosa l'«arte del saper fare», della pura manualità, attribuisce nuovo valore a una delle più antiche tradizioni artigiane. Ma che cosa significa praticare questa professione in tempo di crisi? Nonostante la congiuntura economica negativa pare che la categoria non risenta troppo della sempre più oculata propensione al risparmio.
«Tutt'altro - precisa Graziano, a Riva del Garda da sette anni - da quando abbiamo iniziato il lavoro è sempre aumentato, anno dopo anno. Vuoi per effetto diretto della crisi, per cui la gente preferisce rimettere in sesto le proprie cose piuttosto che precipitarsi ad acquistarne altre, ma certamente anche per la qualità del servizio che offriamo». «I ritmi e la mole di lavoro sono sempre gli stessi, anche grazie ad una clientela oramai più che affezionata», aggiunge Bepi, artigiano della scarpa sin dal lontano 1946.
«L'attività è tutto sommato abbastanza regolare, nonostante le informazioni che arrivano dai rappresentati del settore. Pare infatti che a livello nazionale la vendita di materie prime abbia subito un calo che si aggira attorno al 20%», conclude Mauro, appassionato di materiali naturali e lavorazioni manuali, in attività ad Arco da quasi tre anni. Ma come cambiano le richieste da parte della clientela? «In linea generale - confermano i tre colleghi - la qualità delle calzature in riparazione è notevolmente più bassa.
Capita sempre più spesso di riassettare e risuolare scarpe acquistate a prezzi irrisori solo un paio di settimane prima. Un tempo un buon paio di scarpe era più dispendioso ma il prodotto, e quindi anche i tipi di lavorazione connessi, erano completamente diversi». «Certo è che ultimamente arrivano richieste di ogni genere - prosegue Graziano - accanto alle tradizionali scarpe, borse e cinture, c'è anche chi chiede di risistemare l'ombrello, il portachiavi o addirittura il costume da bagno».
Tra le tendenze di questo ultimo periodo, infine, i modelli femminili dalla punta esagerata (di moda oltre una decina di anni fa), conservati e riaffiorati dall'armadio, che ora diventano un'occasione per riadattare vecchie calzature ancora in buone condizioni.
Considerando la situazione attuale, quindi, quale il futuro di questo mestiere? Difficile avere delle certezze.
Il problema pare non sia tanto quello di trovare il lavoro, quanto trovare dei giovani che siano disposti a dedicare tempo e impegno per imparare la professione.