Le pensioni d'oro «mangiano» il welfare
Il quadro tracciato da Heidi Flarer - recentemente laureatasi in sociologia con una tesi di intitolata «Lo Stato sociale e il suo impatto sul reddito delle famiglie italiane», suffragata da una puntuale ricerca statistica - non sembra lasciare adito a dubbi: le politiche sociali italiane non sono più in grado di garantire un'equilibrata distribuzione della ricchezza
TRENTO - Nonostante lo Stato italiano impieghi una parte considerevole delle proprie risorse per finanziare gli interventi di welfare, negli ultimi anni il progressivo invecchiamento della popolazione, la crisi economica e la mancanza di lavoro hanno portato ad un forte divario generazionale, accrescendo il rischio di povertà tra le giovani coppie. Al contempo, la mancanza di politiche abitative adeguate, opportuni interventi di inserimento lavorativo ed il costante incremento del numero di chi percepisce una pensione sociale ha creato una situazione senza eguali nel resto d'Europa, dove una parte della cittadinanza rimane completamente priva di protezione.
Il quadro tracciato da Heidi Flarer - recentemente laureatasi in sociologia con una tesi di intitolata «Lo Stato sociale e il suo impatto sul reddito delle famiglie italiane», suffragata da una puntuale ricerca statistica - non sembra lasciare adito a dubbi: le politiche sociali italiane non sono più in grado di garantire un'equilibrata distribuzione della ricchezza.
Heidi, quali sono le caratteristiche degli interventi sociali in Italia?
Al pari degli altri Paesi comunitari, l'Italia impiega circa il 29% del proprio Pil per il welfare. Tuttavia, diversamente da quanto accade all'estero, gran parte della spesa (circa il 69% del totale) è rappresentata da trasferimenti monetari diretti, ovvero dalle pensioni. Si calcola che, in media, quattro famiglie italiane su dieci percepiscano un vitalizio di qualche genere, a fronte di un indice europeo molto più basso. Di conseguenza, restano poche risorse per approntare politiche di sostegno adeguate negli altri ambiti. Inoltre, ho trovato alcune storture nel welfare italiano.
Di cosa si tratta?
Anzitutto, vi è un lacuna distributiva. Pur avendo un sistema previdenziale capillare, in Italia vi sono grandi disuguaglianze tra chi percepisce un vitalizio minimo (la maggior parte) e chi invece fruisce una pensione d'oro (pochi).
In secondo luogo, vi è il problema legato al lavoro: un'occupazione stabile non rappresenta solo una certezza per il cittadino, ma garantisce anche l'accesso alle misure di protezione sociale. Il precariato, ancora più della disoccupazione, implica delle profonde differenze sociali nella popolazione italiana.
Infine ho rilevato forti differenze territoriali, con regioni dove le politiche di welfare sono più o meno incisive (al Sud e nelle isole si soffre maggiormente).
Questo cosa comporta?
In generale, vi è una forte differenza tra nuove e vecchie generazioni, che non si acutizza in vero e proprio conflitto perché le seconde sopperiscono molte volte alle necessità delle prime, sostituendosi di fatto allo Stato. In alcuni casi, la pensione del nonno contribuisce significativamente al bilancio famigliare, magari rimediando alle difficoltà economiche in cui si trovano i nipoti. Però vi sono seri rischi di povertà per le giovani donne o per le famiglie con più di due figli.