Lavoratori, il 25% sotto i 10mila euro
Un lavoratore dipendente in tasca si ritrova poco più della metà del valore della sua prestazione. Il resto se ne va infatti in tasse, tra imposte e contributi a suo carico e quelli pagati dal datore. Ecco che se il costo del lavoro è pari a 30mila e 953 euro, quello che diventa retribuzione netta si ferma al 53,3% del totale. A prescindere dal prelievo fiscale, in fatto di reddito lordo, uno su quattro in Italia è sotto i diecimila euro, una percentuale che sfora il 40% se si guarda solo agli autonomi. I conti dell'Istituto di statistica risalgono al 2012, ma ormai ci troviamo di fronte a una sorta di costanti. Rispetto al passato a cambiare è solo qualche decimale. E spesso i piccoli aggiustamenti non fanno altro che inasprire vecchi tratti. Durante gli anni di crisi il cosiddetto cuneo fiscale, la differenza tra il costo del lavoro e lo stipendio, si è allargato ancora un po', per attestarsi nel 2012 al 46,7%.
Certo, non per tutti è lo stesso. Anche tra i dipendenti c'è chi sconta un cuneo più accentuato, come i dirigenti, e uno un po' più leggero, come gli operai. D'altra parte il cuneo cresce al salire dei guadagni. Le vere differenze si riscontrano però con il lavoro autonomo, qui non si parla più di cuneo fiscale (non c'è un datore) ma d'incidenza delle imposte, che è pari al 19,1% del reddito. L'Istat riconosce che le famiglie che vivono di attività indipendenti hanno un minor carico fiscale, ciò anche a causa, spiega, di contribuenti minimi o altre agevolazioni.
Aiuti che ad esempio si fanno sentire anche su chi ha figli, al contrario risulterebbero penalizzati i single (la tipologia familiare più «tartassata»). Se si mette da parte il nodo tasse e si guarda ai redditi lordi le diversità non si affievoliscono. Basti pensare che la percentuale di autonomi sotto i 15 mila euro annui supera il 55%, mentre per i subordinati è del 39%.
L'Istat non fa che certificare situazioni note e non solo a livello di mondo del lavoro ma anche, soprattutto, guardando alle condizioni economiche del Paese, che nel 2013 si ritrova con un Pil pro capite nel Mezzogiorno (17.200 euro annui) pari a circa la metà di quello del Centro Nord (31.700 euro).