Esuberi Marangoni, l'azienda non cambia idea Niente dietro front su licenziamenti e integrativo
Nessuna nuova proposta, nessun passo indietro da parte dell'azienda. Nemmeno sul contratto integrativo, la cui necessità di rimodulazione è stata ribadita con chiarezza. Chi, dopo l'intervento dell'assessore provinciale Alessandro Olivi, si aspettava una posizione più morbida dalla direzione di Marangoni, è rimasto deluso. L'approccio e gli obiettivi, tra sindacati e azienda, restano distanti anni luce. Con un'aggravante: l'apertura della procedura di mobilità ha fatto scattare il timer.
Tra un mese e mezzo o si sigla l'accordo, o i termini restano quelli chiariti nel documento sulla mobilità: 76 esuberi e niente ammortizzatori sociali. Punto. E adesso al bivio sono i sindacati, che dovranno decidere se andare alla contrattazione - nella consapevolezza che non ci sono molti margini di manovra - o allo scontro. Lo decideranno mercoledì, con l'ennesima assemblea dei lavoratori. Intanto però le posizioni continuano a divergere. Mentre i Cobas chiedono un intervento della politica, la Cgil invoca un piano sociale, mentre la Uil ribadisce: «Un pessimo accordo è sempre meglio che nessun accordo».
Dalle finestre di Confindustria, ieri mattina, la fumata è uscita nerissima. Poco meno di tre ore per ribadire che non ci sono estremi per negoziare. La posizione dell'azienda è sempre quella: gli esuberi sono 76. Quattro in meno dagli originali 80, perché due dipendenti si sono dimessi e altri due sono stati spostati nell'azienda di proprietà Marangoni Prm.
La proposta è quella di rendere meno traumatiche queste uscite con i 48 esuberi dal prossimo agosto, un anno di contratto di solidarietà durante il quale saranno proposti incentivi all'esodo e poi ulteriori esuberi, il cui numero dipenderà dalla situazione del mercato e da quanti avranno scelto le dimissoni volontarie. Solo che per adesso si resta nell'indeterminatezza: di quanti siano gli incentivi, non è dato sapere. Anche perché l'entità dei soldi a disposizione dipenderà dall'esito dell'intera trattativa, contratto integrativo compreso.
E qui i sindacati si scaldano. Giovanni La Spada (Cobas) invoca la politica: «Con questi le relazioni sindacali sono pessime, vogliono fare ciò che credono. Che la politica non si nasconda, anche a costo di far valere gli impegni presi sulla revoca del lease back». Guarda al futuro invece la Cgil, che chiede un piano sociale e un piano di rilancio: «Entrambi sono assi portanti della trattaiva, mentre il contratto di solidarietà, comunque indispensabile, diventa all'interno di questa logica uno strumento strategico se collegato a una prospettiva futura, anche di medio periodo, di continuità produttiva».
La Uil resta la più disponibile a trattare: «Un pessimo accordo è sempre meglio che nessun accordo. Mercoledì andremo in assemblea, i lavoratrori ormai sanno come l'azienda intende ragionare sugli esuberi, sarà difficile tenerli uniti, adesso che ci sono le liste di proscrizione. Ma è ora di entrare nel merito delle questioni». La prospettiva comincia ad essere tutto tranne che esaltante. Mercoledì l'assemblea dovrà dare un mandato. E prima o poi si dovrà cominciare a decidere se discutere o andare allo scontro. Per ora il filo del dialogo non è interrotto: lunedì è in programma un ulteriore confronto con l'azienda.