La sforbiciata di Unicredit A casa un quinto del personale
Prevista la chiusura di 800 filiali. Il sindacato: «La congruità dei tagli è tutta da verificare»
Unicredit pianifica un 21% di riduzione della forza lavoro in Italia al 2019. Lo ha scritto Bloomberg nel corso di una conferenza stampa ristretta a Londra. Si tratta di un quinto dei dipendenti. Prevista la chiusura anche di 800 filiali.
Con il nuovo piano di Unicredit i tagli in Italia salgono a 9.400 persone. A tale cifra, disponibile sulle slide di presentazione, si arriva sommando i 5.600 del vecchio piano ai 3.900 di quello presentato oggi.
Sommando entrambi i piani i tagli in Germania sono 2.500, in Austria 2.100 e nel resto del gruppo circa 400. Per cui si arriva ad un totale di 14.400 (di cui 8000 nel vecchio piano e 6.400 nuovo piano).
Nell’ambito del turnover gli ingressi saranno 200 per cui le uscite nette saranno a livello di gruppo 14.200. Il 65% è in Italia.
«Ci batteremo affinché gli esuberi dichiarati, la cui congruità è tutta da verificare, siano gestiti solo su base volontaria e attraverso il nostro ammortizzatore sociale di settore, con le massime garanzie per i lavoratori interessati.
Qualsiasi tentativo aziendale di rendere le uscite obbligatorie e di far pagare i costi della ristrutturazione ai dipendenti che restano in servizio sarà contrastato duramente».
Così Mauro Morelli, Segretario nazionale della Fabi, il sindacato principale dei bancari, commenta il nuovo piano industriale Transform 2019 presentato oggi dal gruppo Unicredit.
«Equità e trasparenza dovranno improntare le azioni del nuovo management verso il personale che ha sempre dimostrato grande professionalità e attaccamento all’istituto e, da questo punto di vista, giudichiamo con favore la riduzione del compenso del nuovo ceo, Mustier, che ha scommesso personalmente sul nuovo piano.
Tuttavia ci saremmo aspettati che la strategia di Unicredit rilancio passasse attraverso una riorganizzazione realmente innovativa della rete e la valorizzazione dei lavoratori, fondamentali per garantire un futuro al gruppo.
Invece ancora una volta ci troviamo di fronte a un piano con una forte spinta sul digitale, che rischia di portare l’istituto lontano da una grossa fetta di clientela e dalle economie dei territori».