Itas, Lorenz alla battaglia «Prepariamo la squadra»
«Girardi ha fatto la sua proposta, è libero di farlo. Nessuna preclusione al dialogo. Ma quello che c’è in ballo è la prosecuzione per almeno altri 100 anni di una compagnia che non è di nessuno, ma è un patrimonio di tutta la comunità». Fabrizio Lorenz, presidente di Itas Mutua dallo scorso ottobre, parla in questa intervista dei «momenti durissimi» passati da lui e tutta la società a seguito dello scandalo Grassi.
Momenti «superati grazie ai valori che ha dimostrato una struttura che ha sempre lavorato con grande impegno e senso del dovere e ha permesso che quell’evento non travolgesse la società, ma diventasse una cicatrice, seppure difficile da superare, per la compagnia». Spiega poi che sta lavorando a un «gruppo di persone» per presentarsi alla prossima assemblea che eleggerà il cda, che il nuovo piano triennale punta a una crescita di qualità del fatturato, «garantendo redditività tecnica e solvibilità» ad alto livello. E della sorpresa che agli occhi del cda «ha avuto dell’incredibile» di come si è scoperto che il finanziamento di Vhv da 12,5 milioni di euro era in realtà un prestito da restituire nel caso di richiesta del partner tedesco.
Presidente Lorenz, come è stato scoperto che un finanziamento di Vhv era in realtà un prestito?
Una cosa incredibile, ma esemplare di una certa gestione della compagnia. Dentro un cassetto è stato scoperto un contratto firmato dal presidente e ignoto al cda in base al quale Vhv aveva l’opzione per chiedere indietro il finanziamento al fondo di garanzia. Non si è trattato di un nuovo debito, visto che è stato scoperto a settembre scorso e che la rendicontazione è stata corretta lo scorso anno. La vicenda, come dicevo, è esemplare del fatto che se un documento del genere è conosciuto solo dal vertice, nonostante tutti i controlli, la cosa è difficile da scoprire.
Dopo il caso Grassi, avete messo in campo nuove misure per migliorare i controlli interni?
Abbiamo già potenziato l’area di controllo del rischio, della compliance e dell’audit interno. A breve faremo lo stesso con l’area attuariale. E oltre al potenziamento, diamo loro un budget extra per fare controlli mirati interni. A differenza del passato, l’attività di controllo dovrà essere riferita solo al consiglio di amministrazione e non più alla direzione generale.
Andrea Girardi ha presentato una proposta per conquistare la presidenza di Itas, dicendo che è aperto a una collaborazione con lei. Che ne dice?
Girardi ha fatto la sua proposta, è libero di farlo. Nessuna preclusione al dialogo. Ma quello che c’è in ballo è la prosecuzione per almeno altri 100 anni di una compagnia che non è di nessuno, ma è un patrimonio di tutta la comunità. Poi per completezza, va detto che prima della proposta di Girardi, avevo già illustrato ai delegati quella di una continuità dell’attuale presidenza. Noi siamo partiti prima, non siamo stati noi a metterci in contrapposizione.
Lo stesso Girardi chiarisce che il cda da lei guidato non è nuovo, ma è quello di Di Benedetto. Rispetto a quanto emerso, cosa risponde sul ruolo del cda?
Il caso Vhv è esemplare, come ho detto: se alcune cose sono tenute nascoste dai massimi livelli, non è possibile per cda, collegio dei revisori e società di revisione venirne a conoscenza. O se qualcuno fa fatture false, allo stesso modo, serve una indagine della magistratura per scoprirlo.
Come sta Itas dopo questo periodo?
La compagnia, grazie ai valori che ha e che sono condivisi dal personale che vi lavora, si è scrollata dalle spalle dei momenti durissimi, che hanno lasciato cicatrici dolorose. Ma la società è solida, ha un indice del 149% di solvibilità, quest’anno avrà un pareggio di bilancio, dovuto alla catastrofe che ha colpito il settore agricolo. E nei prossimi tre anni prevede 3 milioni di utile netto nel 2018, 3,9 milioni nel 2019 e 9,9 nel 2020. Punta a portare nello stesso triennio i premi da 815 a 886 milioni di euro. La crescita è una scelta obbligata. Ma sarà basata non sull’aumento del portafoglio purchessia, ma su un incremento che ha come obiettivo la redditività del prodotto assicurativo e la solidità della compagnia, per la quale il livello delle riserve resta come da tradizione alto.
E poi?
Poi punteremo anche sull’efficientamento dei costi e sulla riduzione della durata delle posizioni finanziarie. E posso assicurare che Itas è solida e non ci saranno altre sorprese come quella di Vhv. Abbiamo fatto fare una verifica dei conti anche a una società esterna che ha messo sotto la lente tutti gli aspetti più delicati.
Quindi il timore che Itas sia più debole e preda di altre compagnie come Cattolica o Generali non ha fondamento?
Itas salirà nel triennio a 1 milione di soci dagli attuali 800.000, e a un indice di solvibilità da 149 al 161%. La società è solida, ha uno statuto che rende impossibile la demutualizzazione e non è oggetto di acquisizione. Poi dico che la sede di Trento sarà potenziata con nuove competenze. Ma il vero valore della compagnia, che non è del cda, dei delegati, degli agenti, ma è un patrimonio della comunità.
A proposito dei delegati, si profila una novità per la loro nomina?
L’Ivass ci chiede una serie di modifiche dello Statuto. Alcune sono da applicare in maniera tecnica, come la previsione di un amministratore delegato. Altri come una diversa modalità di assegnazione del diritto di voto attivo e passivo per dare possibilità anche ai territori che oggi non hanno un delegato di poterlo fare. Ma prima di cambiare queste regole, che funzionano da 200 anni, le condivideremo con i delegati e poi vedremo cosa proporre.
E per quanto riguarda invece gli agenti, rimarranno centrali nella vostra strategia?
Sì, la rete di vendita privilegiata è quella. Poi si dice che noi paghiamo gli agenti più di altre compagnie: ma è perché chiediamo loro di rinunciare a fare polizze solo per produrre provvigioni, ma di selezionare i premi in base alla qualità degli stessi e dei clienti. E di fatto chiediamo loro di rinunciare a una quota di guadagno rispetto agli altri agenti: per questo diamo loro qualcosa in più.
Lo scorso anno è entrato in Itas il nuovo direttore generale Raffaele Agrusti. Qual è il suo giudizio?
Il dottor Agrusti ha un curriculum di altissimo livello che non ha bisogno di difese da parte mia. Deve, e a mio parere lo ha già fatto, adeguare il suo stile di gestione alle caratteristiche della Mutua in cui i processi gestionali sono diversi da quelle di Generali, ad esempio, in cui è un azionista solo a decidere.