I primi 70 anni di Manica Festa a a Borgo Sacco
«Per far crescere un’impresa sono necessari passione e visione del futuro». Ma occorre trovare una risposta di coerenza ed efficienza a tutti i livelli, nazionale ed europeo.
«Noi, come tutti gli imprenditori, ci aspettiamo un occhio di riguardo per difendere le piccole e medie imprese dalle multinazionali, che dispongono di risorse nell’ordine dei miliardi, e dalle troppe leggi europee che rischiano di limitare la creatività».
È questo, in sintesi il nucleo della relazione di Giulia Manica , general manager dell’impresa Manica spa che ha aperto, l’altra sera, la celebrazione del settantesimo anniversario della fondazione dell’azienda. All’imprenditrice è spettato forse il compito più delicato della serata, quello di proporre una riflessione politica.
La normativa europea sembrerebbe, secondo l’opinione di Giulia Manica, affetta da una forma di strabismo, che alla lunga potrebbe mettere in difficoltà quelle imprese di piccola e media dimensione. Infatti le leggi europee per un verso garantiscono il consumatore, sottoponendo i prodotti che appartengono al settore dell’agrofarmaco a numerosi controlli, che arrivano a pesare sul bilancio di un’industria 300mila euro all’anno per ciascuna documentazione, che ne accerti la non tossicità. Ha spiegato l’imprenditrice: «Arriviamo a spendere 1 milione di euro all’anno per completare la documentazione necessaria alla commercializzazione dei nostri prodotti. Oggi siamo ben presenti nell’Europa Meridionale, ma la nostra idea è quella di aprirci anche al mercato dell’Europa Centrale. Ma questo vuol dire moltiplicare i costi delle documentazioni, senza essere sicuri di poter realizzare profitti nell’immediato».
Sotto un altro aspetto, non sono rare le polemiche verso le lacune delle normative europee che consentono a molti prodotti alimentari di provenienza asiatica, il «famigerato pomodoro cinese», di arrivare sulla nostra tavola, superando tutti i controlli sulla filiera, sui passaggi che vanno dalla produzione fino al consumo nelle nostre cucine.
Per questo, ha commentato in un momento successivo alla presentazione di benvenuto, Giulia Manica: «In quei casi ben poco si sa di come è stato coltivato un prodotto agricolo e a quali trattamenti è stato sottoposto. Dove finisce il valore della salubrità, su cui si basa la legislazione europea?».
Si pensi, per non fare che un esempio, che la Manica spa appartiene al settore dell’economia del riciclo, che riutilizza il rame dismesso dei grandi impianti di trasmissione di energia elettrica. Anche l’uso dell’agrofarmaco adoperato nell’agricoltura, l’ottica è sempre quella della sostenibilità ambientale, poiché il suo dosaggio deve essere rivisto al ribasso, pur crescendo nell’efficacia dell’azione.
«Ma - ha osservato ancora - non sempre l’opinione pubblica è informata. Oggi è come se si chiedesse che mezza aspirina debba essere efficace come una intera. Nel nostro caso, però con la produzione di solfato di rame non ci sono rischi, al contrario siamo collocati nella nicchia di mercato dell’agricoltura biologica».
Di fronte a questa richiesta di sempre maggior tutela della salute, ci si imbatte in una fitta selva di leggi e regolamenti, anche a livello nazionale: «Giace dal 2012 presso il Ministero della salute una nostra richiesta di autorizzazione. Ad oggi non abbiamo ricevuto ancora una risposta», ha ricordato la giovane manager.
Infine, Giulia Manica non ha rinunciato a un commento sulla situazione politica italiana: «Siamo ancora senza governo, ma speriamo arrivi in tempi brevi. Per un imprenditore l’incertezza non è mai un elemento positivo».