No alla fusione per la mega cassa rurale fra Trento e Lavis-Mezzocorona-Cembra I soci "ribelli" inviano una diffida al cda
Un gruppo di soci si oppone alla fusione tra le Casse Rurali Lavis, Mezzocorona e Cembra con quella di Trento e ha inviato una diffida in cui si invitano i membri del cda a non adottare «qualsivoglia ulteriore atto finalizzato al perfezionamento del procedimento di fusione (...)».
Secondo il promotore, Diego Paolazzi - si legge nella diffida - vi sarebbero «evidenti plurime violazioni di legge». La deliberazione assunta lo scorso 22 novembre in occasione dell’assemblea straordinaria dei soci chiamata a votare sul progetto di fusione tra gli istituti di credito trentini, si legge ancora nel documento, conterrebbe «patenti violazioni di legge, dello Statuto sociale e del regolamento assembleare che inficiano la validità di detta deliberazione, se non addirittura ne mettono in discussione la giuridica esistenza». Secondo la diffida, anche «Regione e Provincia non dovrebbero mancare di far valere le loro competenze violate».
Secondo Paolazzi ci sarebbe stata confusione al momento del voto per alzata di mano. Il verbale dell’assemblea, si legge ancora nella diffida, contiene «una singolare procedura di votazione attuata attraverso la progressiva registrazione scritta dei soli soci che abbiano dichiarato di astenersi o di essere contrari al progetto di fusione».
Per i soci contrari, sono in 400 quelli ad avere firmato un ricorso contrario al processo di fusione, «per sottrazione si è determinata la pretesa maggioranza, e non, come prescritto, il numero dei voti espressi e già risultati maggioritari: un conto è, infatti, accertare la maggioranza dei voti espressi per alzata di mano (...) altro conto è votare per progressiva dichiarazione scritta; in quest’ultimo caso la maggioranza può essere calcolata solo sul totale dei voti effettivamente resi e registrati per iscritto».
Ne consegue, si sostiene ancora nella diffida, che i soli voti «che risultano espressi sono 508 (non già i 1760 presenti alle 22.20), di cui 503 contrari e 5 astensioni. Di tal che la proposta di delibera, lungi dall’essere stata approvata da 1.252 soci, avrebbe dovuto ritenersi respinta con il 99% dei contrari».