Un giovane su dieci né studia né lavora
La povertà educativa in Italia è un problema serio: sia per quanto riguarda i ragazzi che abbandonano gli studi sia per i neet, giovani né occupati né inseriti in percorsi di formazione, ci confermiamo uno dei Paesi peggiori in Europa. I dati del 2019 evidenziano che in Italia la percentuale di giovani fra i 18 e i 24 anni che abbandonano il percorso scolastico prima di conseguire un diploma è del 13,5%, mentre per i neet la percentuale è addirittura più alta con il 22,3%, confermandoci così il Paese europeo con il più alto numero di giovani che non lavorano nè si stanno formando.
In questo scenario si può sicuramente affermare che il Trentino, riguardo questi due fenomeni, ha un andamento di gran lunga migliore rispetto la media nazionale: dopo Bolzano siamo la provincia dell’Italia con la minor percentuale di neet di età compresa fra i 18 e i 24 anni, 12,6% noi contro l’11% di Bolzano. Percentuale della Penisola più bassa in assoluto invece per quanto riguarda gli abbandoni scolastici: solo il 6,8%, a differenza della nostra vicina Bolzano, ottava in Italia con circa l’11%.
Fra il fenomeno degli abbandoni scolastici e quello dei neet c’è sicuramente un rapporto, ma non necessariamente di causa-effetto. Come spiega il professor Carlo Buzzi, docente presso il Dipartimento di sociologia dell’Università di Trento e sociologo: «I neet sono in rapporto con gli abbandoni, ma ci sono anche altri fattori da considerare come la scarsa speranza nel futuro. La Sicilia con alti tassi di abbandono e alte percentuali di neet ne è un esempio. A Bolzano invece ci sono molti più ragazzi che abbandonano la scuola rispetto ai neet. Questo perchè chi abbandona lo fa per cercare un lavoro, per questo la percentuale di neet rimane inferiore rispetto alla nostra nonostante gli abbandoni siano maggiori a Bolzano.
A Trento c’è sicuramente la situazione migliore, con una percentuale di giovani neet molto bassa rispetto alla media nazionale - quasi la metà, e soprattutto con una percentuale di abbandoni molto ridotta. In generale quindi i ragazzi completano gli studi e poi trovano un’occupazione». Nonostante i dati siano confortanti, il professor Buzzi sottolinea che sono comunque necessari ulteriori miglioramenti e anche riguardo a questo si può rimanere ottimisti: i dati degli ultimi tre anni evidenziano per Trento una diminuzione importante sia per la percentuale di ragazzi che abbandonano gli studi che per quella di giovani neet. Per quest’ultima abbiamo un trend di miglioramento perfino più soddisfacente della media europea (siamo passati da un 17% circa di neet del 2017 al 12% del 2019, mentre la media europea ha avuto un calo di un solo punto percentuale nell’arco dei tre anni, da 15% al 14%).
Per tenere sotto controllo questi fenomeni è importante sapere che le variabili da considerare sono tre: in primo luogo il sistema scolastico, che deve essere ottimale affinchè l’abbandono sia scoraggiato, e poi un mercato del lavoro efficiente. In ultima istanza una certa rilevanza la hanno sicuramente fattori culturali quali l’importanza che la famiglia da all’istruzione e quanto questa spinga affinchè i figli proseguano con gli studi. Tutti questi fattori incidono chiaramente sulla povertà educativa di un territorio, bisogna poi ricordarsi che quando si parla di neet ci si riferisce sia a giovani inoccupati che non si stanno nemmeno formando ma che sono però in cerca di un lavoro- per i quali questa è quindi una fase di transizione, sia a giovani che non hanno nessuna intenzione di cercare un lavoro e quindi dipendono dalla famiglia e quelli che invece non lo cercano in attesa di un cambiamento strutturale della società.
In questo senso le strategie da mettere in atto sono differenti: «Per i neet in cerca di un lavoro è necessario ad esempio potenziare il trasferimento di competenze in modo da supportare questi giovani. Nel caso in cui invece non c’è volontà di cercare un’occupazione è necessario intervenire con programmi di rieducazione di questi giovani in difficoltà, in modo da evitare che il loro stato perduri fino all’età adulta». Trento ha dimostrato di riuscire a mettere in atto strategie efficaci per fronteggiare questi fenomeni, si spera quindi per gli anni a venire si possa riuscire a fare ulteriori passi in avanti: per i giovani e il loro futuro, che poi è necessariamente anche il futuro della nostra città e del Paese.